Il processo si sviluppa in quattro fasi. L’oncologo del centro ospedaliero in rete si collega alla piattaforma online e inserisce i dati della paziente, indicando la data in cui ritirare il campione da analizzare (massimo 72 ore dall’invio della richiesta). Viene quindi effettuato il prelievo di sangue; il corriere espresso riceve una comunicazione automatica della richiesta: ritira i campioni da analizzare dal Centro oncologico e li consegna al laboratorio di Uos Diagnostica molecolare del Gemelli che esegue il test. Dalla stessa piattaforma online l’oncologo può visionare e scaricare i risultati. In presenza di una mutazione, l’oncologo potrà somministrare la terapia prevista e riferirà alla paziente la necessità e indirizzarsi a un opportuno counselling oncogenetico per la gestione anche del rischio familiare. La piattaforma è già attiva e offre l’opportunità a tutti i Centri oncologici nazionali che non dovessero disporre di laboratori in grado di effettuare il test in tempi brevi, di richiedere il test. “Abbiamo già diversi centri nazionali che hanno iniziato l’invio dei campioni”, afferma Capoluongo.
Come personalizzare la valutazione del rischio associato ad ogni specifica mutazione? “Al momento – risponde il professore – l’unica certezza che abbiamo è che la presenza di mutazioni nei geni Brca sia a livello germline (costitutive), sia a livello del tumore, migliora gli esiti clinici delle pazienti trattate con i farmaci inibitori di Parp-1, e che il beneficio si riscontra in termini di sopravvivenza complessiva”. Contrariamente a quanto si riteneva fino a qualche tempo fa, precisa, “non è poi così vero che tutte le mutazioni di Brca 1 o 2 espongono allo stesso rischio di neoplasia, ovarica o mammaria”. Inoltre, “uno studio appena pubblicato sul Journal of the American Medical Association su una grandissima coorte di pazienti mutate per Brca 1 o 2 (circa 30mila soggetti in 33 Paesi del mondo) ha mostrato che in circa il 40% non è stato diagnosticato alcun tumore”. Per Capoluongo, “la gestione del risultato del test va ricondotta in ogni caso a una équipe di persone esperte nella gestione della paziente con tumore ovarico Brca-mutato e dei familiari potenzialmente a maggior rischio”. La decisione su cosa fare, ivi compresa la chirurgia preventiva, “va condivisa e non si può immaginare di ragionare solo in termini di meri calcoli probabilistici”. Attenzione, avverte infine, ai test offerti da alcune aziende sul mercato, “la cui validazione oggettiva non è documentata in maniera efficace”. Occorre “muoversi sempre in linea con le evidenze scientifiche”.
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