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La grande quercia dell’ebraismo italiano

Una grande quercia dalle radici profonde e ben piantate e la chioma dispiegata nel cielo, aperta al futuro, al nuovo che arriva. Si è spento ieri sera all’età di 99 anni, Elio Toaff, l’ex rabbino di Roma, l’amico sincero di Giovanni Paolo II, un punto di riferimento per gli ebrei italiani, una guida spirituale salda e coraggiosa per la Nazione. Anche le querce muoiono. Ma la forza di Toaff è stata quella di segnare il tempo aprendo una stagione inedita nei rapporti con il mondo fondati sulla saggezza, sul dialogo e la reciproca stima. La quercia, allora, può anche morire, ma quella di Toaff ha lasciato dietro di sé una scia luminosa, abitata da tanti.
Aveva gli occhi vispi di chi ne ha viste tante di cose nel mondo e la parola simpatica di chi non ha mai perso le radici livornesi. Il suo nome e la sua persona evocavano sempre un generale moto di profondo rispetto. Ha vissuto tutti i dolori, le persecuzioni, gli esili e le ingiustizie vissute dal suo popolo negli anni bui dell’Olocausto. Ma il male in lui non ha preso il sopravvento, testimoniando che dal tunnel dell’odio e della violenza si può uscire e che il bene – anche laddove tutto sembra perso – può sempre risorgere. È questa umanità forgiata nel dolore e nella resistenza ad aver ispirato un rapporto destinato a segnare il tempo. Quello con Giovanni Paolo II, il Papa Santo che entrò per primo nella Sinagoga di Roma e chiamò gli amici ebrei “fratelli maggiori”. All’improvviso muri alti due millenni di diffidenza e pregiudizio si sono sbriciolati al calore di un abbraccio.
Sono tempi difficili. Nuovi odi e nuove guerre stanno risorgendo. La sua persona è oggi un patrimonio inestimabile a cui attingere. Grazie Rav per quello che è stato, per la profondità della sua fede, per la grandezza della sua umanità, per il coraggio a tracciare sentieri nuovi.

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