Don Bignami, quella di Mazzolari è una figura piuttosto nota del cattolicesimo del Novecento. I suoi libri – fra i quali “La più bella avventura”, “Impegno con Cristo”, “Tu non uccidere”, “Rivoluzione cristiana” – e la battagliera rivista “Adesso” da lui fondata, sono stati più volte indicati come elementi di preparazione del Concilio. Quali sono, a suo avviso, i punti fermi della biografia mazzolariana?
“Direi anzitutto di questa costante volontà e impegno di don Primo per portare il Vangelo nella vita delle donne e degli uomini del suo tempo, a partire dai parrocchiani che gli erano affidati, cui fu sempre molto legato. Mazzolari c’indica anche – con un messaggio di estrema attualità e in linea con i richiami costanti di Papa Francesco – una Chiesa dei poveri, fra i poveri, che non si risparmia sul piano della carità e dell’accoglienza. E, ancora, una Chiesa che sa dire una parola credibile e autorevole sui temi-chiave di oggi, a partire dalla costruzione della pace, dall’attenzione agli ultimi, dal dialogo con la modernità”.
Il “nulla osta” vaticano accende – se vogliamo dirla così – i riflettori sul parroco-scrittore. Come mai proprio ora?
“In ogni epoca la Chiesa ha indicato dei modelli da seguire sulla strada della santità. E ricordo che Papa Benedetto indicò l’Anno sacerdotale del 2009 come occasione per ‘riscoprire l’eredità spirituale’ di don Primo, prete dal profilo ‘limpido’, ‘di alta umanità e di filiale fedeltà al messaggio cristiano e alla Chiesa’. Un riconoscimento chiaro, quanto lo erano stati, in anni lontani, quelli giunti da Giovanni XXIII e da Paolo VI. A queste indicazioni che giungono, diciamo così, dai vertici ecclesiali, accostiamo tutto quel lavoro che nasce ‘dal basso’, nelle singole coscienze, nelle parrocchie, nelle diocesi, nelle associazioni, che trovano in don Primo un riferimento essenziale per una fede solida nei principi e ugualmente aperta ai mutamenti dei tempi. Abbiamo innumerevoli esempi in questa direzione”.
Lei è anche presidente della Fondazione che porta il nome di Mazzolari, con sede a Bozzolo (provincia di Mantova ma diocesi di Cremona), il cui scopo è proprio quello di custodire e far conoscere il messaggio di Mazzolari. Quale compito vi aspetta ora?
“Intanto ritengo che questo passo sia un indiretto riconoscimento di quanto la Fondazione stessa sta facendo da tanti anni, e per questo ringrazio i miei predecessori e l’attuale Comitato scientifico, composto da studiosi rigorosi e stimati. La Fondazione ha svolto un’opera davvero preziosa, anche in epoche in cui il messaggio mazzolariano sembrava piuttosto trascurato o accantonato. Il lavoro, ora, prosegue, con grande impegno e prudenza, convinti che una causa di beatificazione abbia tempi in genere piuttosto lunghi. Abbiamo il dovere di studiare i documenti e le fonti storiche che riguardano l’antico arciprete di Bozzolo, di farne conoscere la vita, gli scritti, il pensiero, il profilo cristiano. C’è dunque molto lavoro davanti a noi e lo affrontiamo con gioia”.