SAN BENEDETTO DEL TRONTO – A distanza di 70 anni dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, questa mattina, sabato 25 aprile, in largo Onorati, la Città di San Benedetto ha celebrato la ricorrenza con una partecipata cerimonia istituzionale.
Oltre a tanti cittadini, alla cerimonia hanno preso parte autorità civili e militari cittadine, provinciali e regionali e dei Comuni del comprensorio (Ripatransone, Monteprandone, Grottammare, Cupra Marittima, Acquaviva Picena e Monsampolo), le associazioni degli ex combattenti e d’arma e l’Associazione nazionale partigiani d’Italia.
Dopo l’esecuzione dell’inno d’Italia eseguito dal corpo bandistico “Città di San Benedetto del Tronto” e il saluto del Sindaco, c’è stata la testimonianza di Pietro Perini, vicepresidente dell’ANPI Provinciale di Ascoli Piceno, che la Resistenza l’ha vissuta sin da piccolo nelle vicende di casa, essendo figlio di Spartaco, comandante partigiano protagonista della lotta di resistenza nel Piceno.
Perini, ripercorrendo le tappe storiche della Resistenza nel Piceno, ha affermato che “il 25 aprile è il compleanno della democrazia e della libertà ottenuta grazie a uomini e donne coraggiosi che hanno fatto una scelta coraggiosa, anche a costo della propria vita, combattendo per i valori dell’antifascismo”.
Ricordando i tanti civili vittime dei bombardamenti e le figure del Maresciallo Luciano Nardone, Isaia Ceci, Guido Sgattoni, Giovanni Nebbia, i fratelli Cesare, Antonio e Luciano Gabrielli, Elio Fileni con i fratelli Neutro e Salvatore Spinozzi, Mario Mazzocchi e Jack Rayner della Banda Paolini, figure che hanno resa libera San Benedetto e i sambenedettesi, ha dichiarato: “Chi è morto in quei giorni, non è morto per caso: Non si tratta di giovani che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma di uomini e donne, giovani e anziani, militari e civili con fedi politiche completamente diverse che fecero, tutti insieme, la stessa scelta di rendere tutti noi liberi”.
A seguire, Francesco Maria Anzivino ha raccontato dei giorni della guerra e della liberazione tratteggiando la figura di Ugo Pirro protagonista di quel periodo, un giovane intellettuale poi divenuto un personaggio di spicco della cultura italiana del dopoguerra ma che non ha mai reciso il rapporto con San Benedetto del Tronto dove ha vissuto anni fondamentali della sua giovinezza.
Poi c’è stata una testimonianza di Ian de Souza. Suo padre, Ken de Souza, era navigatore dell’aviazione inglese. Nel 1943, il suo aereo fu colpito mentre sorvolava la Libia pullulante di italiani e tedeschi. Fu fatto prigioniero dagli italiani e portato nel campo prigionieri di guerra di Monte Urano. Riuscì rocambolescamente a rifugiarsi in un’abitazione del luogo e, più tardi, ad arrivare sul litorale di Porto San Giorgio dove fu tratto in salvo e portato a Termoli, nell’Italia liberata, dalla nave comandata dal sambenedettese Giovanni Nebbia.
A tradurre le sue parole, il suo commosso ricordo della vicenda paterna, il senso di gratitudine per le popolazioni marchigiane che salvarono suo padre a rischio della fucilazione, c’era la prof.ssa Annelise Nebbia, figlia del comandante Giovanni, che ha tradotto e pubblicato il libro di de Souza col titolo di “Fuga dalle Marche”.
Infine si è svolta la tradizionale cerimonia di deposizione di corone ai monumenti ai caduti di viale Secondo Moretti (dove De Souza ha anche deposto una corona di papaveri rossi nella tradizione anglosassone) prima che il corteo si spostasse verso la sede dell’Associazione Marinai d’Italia, dove le autorità civili e militari hanno reso omaggio al monumento che ricorda i caduti della Marina Militare.