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A tu per tu con Carmine Guanci è il presidente della “Vesti Solidale” che gestirà il padiglione della Santa Sede

Di Gianni Borsa

Ogni esposizione universale, sin dalla prima edizione a metà ‘800, vuole essere un’occasione di incontro e di relazione su scala planetaria ma anche un’opportunità per mostrare i “gioielli” di ciascun Paese partecipante. Per questa ragione anche a Expo Milano 2015 sono sorti – pur con qualche ritardo – luccicanti padiglioni in cui troveranno posto le rappresentanze di Stati Uniti e Cina, di Giappone e Russia, dei Paesi africani e dell’Asia, dell’Onu e dell’Unione europea… Il tema unificante è “Nutrire il Pianeta. Energia per la vita”. E trattando di diritto al cibo, lotta alla fame e alle povertà, la Chiesa cattolica ha voluto essere presente. Così la Santa Sede figura nell’elenco ufficiale dei Paesi espositori e avrà un suo padiglione: una struttura bella, non eccessivamente grande, funzionale, realizzata secondo i criteri del buon gusto, della sobrietà e della sostenibilità. A differenza di tutti gli altri cento e più padiglioni presenti a Expo, la gestione della “casa” della Santa Sede e della Cei è affidata a una cooperativa sociale Onlus: Carmine Guanci è il presidente della “Vesti Solidale”.

Il padiglione della Santa Sede sarà dunque l’unico, a Expo, a essere affidato a una cooperativa sociale. Un bel segnale da parte della Chiesa. Quali sono esattamente gli incarichi che vi sono affidati?
“La cooperativa si impegna a svolgere la gestione operativa e tecnico-amministrativa del padiglione e i servizi di accoglienza. Le attività saranno molteplici: ad esempio la responsabilità complessiva del padiglione e la gestione delle relazioni quotidiane con i visitatori; il servizio di custodia e vigilanza; il presidio dell’info-point; l’organizzazione di tutto il personale; la pulizia dell’edificio. E poi occorre assicurare la presenza costante di almeno un addetto per il primo soccorso, e di un altro in materia di anti-incendio. Ruoli molto concreti e per questo delicati e impegnativi”.

Con quali criteri avete individuato il personale da assumere per lavorare al padiglione?
“Ci siamo rivolti ai servizi promossi da Caritas quali Siloe, Fondazione San Carlo, Servizio inserimenti lavorativi del Consorzio Farsi prossimo. In questo modo sono stati selezionati circa 40 curricula di persone che si erano rivolte a loro in cerca di lavoro e che avessero lo skill professionale e le competenze linguistiche richieste. Tra di loro, alcune persone selezionate erano iscritte anche al Fondo Famiglia e lavoro della diocesi di Milano. Accanto a queste segnalazioni – diciamo così di persone fragili – abbiamo attinto anche al nostro archivio di curricula che annovera un centinaio di candidati e tra questi molti giovani altamente scolarizzati e in cerca di lavoro”.

Vesti Solidale è una realtà promossa dalla Caritas. E Caritas Internationalis sarà tra i protagonisti di questa edizione dell’esposizione. Quali messaggi volete trasmettere con la vostra presenza?

“Vorremmo testimoniare la possibilità di essere un soggetto economico qualificato, capace di stare sul mercato ed erogare servizi di qualità, ponendo però la dignità della persona e non il profitto in cima alle priorità”.

Quali sono le altre attività che svolge Vesti Solidale? In quali settori operate?
“Vesti Solidale è una cooperativa sociale con sede a Cinisello Balsamo che dal 1998 opera senza fine di lucro nell’ambito di prestazioni di servizi alla persona, ambientali e sociali, privilegiando le opportunità di lavoro per soggetti svantaggiati: disabili fisici e psichici, detenuti ed ex detenuti, alcoolisti e tossicodipendenti. Vesti Solidale nasce all’interno di un sistema di cooperative promosse dalla Caritas Ambrosiana che ha dato origine al Consorzio Farsi prossimo. La tutela dell’ambiente attraverso la creazione di nuova occupazione per fasce deboli di popolazione italiana e straniera è la sfida che la Vesti Solidale ha deciso di raccogliere. Siamo infatti convinti che sia possibile innescare un circolo virtuoso che consente alle persone che vivono ai margini della società di riscattarsi e recuperare dignità attraverso un lavoro che è al servizio della società stessa, impegnandosi poi a reinvestire i proventi in servizi finalizzati ad arginare le nuove povertà”.

Un esempio delle vostre attività?
“Vesti Solidale si occupa della raccolta di indumenti usati, delle cartucce esauste, dei computer obsoleti e di tutti quegli oggetti che vengono scartati come rifiuti per poter recuperare il loro valore residuo rimettendo in circolo i proventi in servizi alle persone in difficoltà promossi dalla Caritas. È un po’ quello che facciamo con le persone che assumiamo: sono state accantonate, ‘scartate’ dal sistema produttivo e Vesti Solidale attraverso un lavoro regolare tenta di ridare loro dignità valorizzando i talenti, le potenzialità, i saperi di cui sono portatrici”.

Quanti sono i vostri dipendenti?
“Ad oggi contiamo 115 dipendenti, tutti assunti con contratto di lavoro subordinato tra cui 32 soggetti svantaggiati ai sensi della legge 381/91 ed altre 50 persone svantaggiate ‘nei fatti’ ma non per la legge, fra cui disoccupati over 45 con scarsa professionalità, senza dimora, donne sole con figli a carico”.

Il taglio del nastro di Expo è imminente. Tutto pronto al padiglione della Santa Sede, che ospiterà anche la Conferenza episcopale italiana e la diocesi di Milano? 
“Direi che siamo pronti al 90 per cento. In questa settimana metteremo a punto i dettagli e speriamo che il buon Dio sia misericordioso e da lassù ci dia una mano! L’onore ricevuto è alto, ma la responsabilità che abbiamo assunto lo è altrettanto, e lo abbiamo fatto in una logica di servizio. Penso però che nello scenario economico attuale, e dopo il discorso di Papa Francesco ai cooperatori, non potevamo esimerci dall’assumere tale sfida e portare la nostra testimonianza a Expo”.

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