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Non basta sbarcare in Italia, poi comincia la corsa ad ostacoli, i dati

Patrizia Caiffa

Volti spaesati e impauriti di giovani donne e uomini sopravvissuti a un naufragio. Dimessi e infreddoliti, subito dopo uno sbarco sulle coste italiane. Siamo abituati a vederli così, ma poi, cosa accade alle loro vite toccate dal dramma e sfiorate della morte? Qual è l’iter che li porta al riconoscimento di una protezione umanitaria e dove vanno? Come sono accolti? Una scheda per capire qual è il difficile percorso ad ostacoli che li aspetta in Italia.

Quante persone sbarcate? Tra gennaio e aprile 2015 gli arrivi sono stati 24mila (erano stati 20mila nel 2014). Per il 2015 sono stimati 200.000 arrivi. Nel 2014 sono sbarcate sulle coste italiane 170.100 persone (erano state 43mila nel 2013), il 90% in Sicilia, principalmente da Siria, Eritrea e Somalia, il 60% fuggiva da zone di guerra. I migranti arrivati via mare nel periodo 2006-2014 (Fonte: Guardian) sono stati 324.668 in Italia, 87.067 in Grecia, 39.771 in Spagna, 13.821 a Malta.

Qual è l’iter? Appena sbarcati in Italia ai migranti vengono prese le impronte digitali e inserite nel database Eurodac. Un passaggio non gradito perché la maggioranza vorrebbe raggiungere parenti e amici nei Paesi nord-europei. Purtroppo, per effetto della Convenzione di Dublino (secondo la quale si può chiedere asilo e stabilirsi solo nel primo Paese sicuro, e non andare altrove nell’Ue), se volessero andare all’estero sarebbero rimandati indietro. Una volta alloggiati, presentano la domanda alle Commissioni territoriali per chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato.

Le Commissioni territoriali. Nel 2008 erano 10, oggi sono state portate a 40. Ogni rifugiato racconta la sua storia ai membri della Commissione, che dovrà decidere se concedere o meno una qualche forma di protezione internazionale. L’attesa dovrebbe essere di 21 giorni, invece diventa di 6 mesi / 1 anno.

Dove sono accolti. Oltre all’accoglienza ordinaria, le Prefetture hanno dovuto identificare nuove strutture temporanee: palasport, alberghi, ex caserme o altri alloggi improvvisati chiamati Centri di accoglienza straordinaria (Cas), sia per adulti sia per gli oltre 11mila minori arrivati nel 2014. Poi ci sono i Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Infine, per i più fortunati, ci sono i centri del Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), un percorso più articolato che dovrebbe offrire al migrante anche l’apprendimento della lingua e l’inserimento sociale. Finora è stata casuale la destinazione nei diversi Centri.

Quanti sono oggi in accoglienza. Il numero di rifugiati accolti dall’Italia rimane modesto se comparato a quello di altri Paesi europei (la media europea è di 1,1 ogni mille). L’Italia accoglie un rifugiato ogni mille persone, ben al di sotto della Svezia (con più di 11 rifugiati ogni mille) e la Francia (3,5 ogni mille). Il ministero dell’Interno affida i migranti alle Prefetture in proporzione alla popolazione residente in ciascuna Regione. Attualmente sono accolti circa 81mila migranti, di cui 65.000 hanno presentato domanda di asilo politico, mentre gli altri non hanno status particolari (i minori ad esempio) o non hanno ancora fatto domanda. Sono soprattutto in Sicilia, Lazio, Puglia e Lombardia. Più della metà sono in 1.657 strutture temporanee (Cas). Altri sono nei 14 Cara/Cda e Cpsa, strutture che hanno dai 100 ai 1.000 posti. I più famosi sono il centro di Mineo a 50 km da Catania con 4.000 posti, Borgo Mezzanone (Fg), Castelnuovo di Porto (Roma), Crotone, Bari Palese. Strutture isolate dalle città, che sembrano pensate per tenere i richiedenti asilo lontano dagli italiani. Circa 30mila sono nel sistema Sprar, ma è necessario l’accordo con gli enti locali e alcune Regioni e Comuni non li vogliono ospitare. Su 8.000 Comuni, solo 4.500 hanno dato disponibilità.

Protezione internazionale in Italia. Nel 2013 sono state presentate 27mila domande. Oltre 25mila nei primi sei mesi del 2014. Il 64% proviene dall’Africa. Nel 2013 è stato accordato lo status di rifugiato (secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, chiunque sia perseguitato a motivo della sua razza, religione, cittadinanza, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale) al 13% dei richiedenti; il 24% ha ricevuto la protezione sussidiaria (riconosciuta a chi fugge da conflitti, il permesso dura 5 anni); il 24% ha ottenuto un permesso per motivi umanitari (accordato dal governo italiano). La mancanza di una legge organica sull’asilo provoca prassi difformi sul territorio nazionale, quali l’iscrizione al servizio sanitario, all’anagrafe, l’accesso ai servizi sociali, la possibilità di fare domanda per alloggi popolari o di inserirsi nel mondo del lavoro. Questo causa fenomeni di discriminazione e non favorisce l’integrazione dei rifugiati.

Quanto si spende. Ogni anno lo Stato spende in totale per l’accoglienza circa 700/800 milioni di euro, per il 2015 si annuncia una spesa intorno a 1 miliardo. Oggi per ogni richiedente asilo lo Stato versa agli enti gestori dei centri 35/40 euro al giorno, che assicurano vitto, alloggio, vestiti, corsi. Solo 2,5 euro al giorno vanno agli ospiti.

L’accoglienza nella rete ecclesiale. L’indotto dell’accoglienza gestito dalla Chiesa nelle diocesi ha visto passare nell’ultimo anno almeno 20mila persone, un terzo della capienza dell’intero sistema. Attualmente sono accolte nelle strutture ecclesiali 5.875 persone, in Lombardia, Campania e Triveneto. La diocesi che ne ospita di più è Teggiano-Policastro. Caritas e Arci sono le realtà che accolgono il più alto numero di profughi.

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