“Ancora qualche giorno e poi con l’inizio di maggio sarò di nuovo senza lavoro. Mi metterò alla ricerca, sperando sia la volta buona”. Marco è un trentenne laureato in ingegneria, uno di quei giovani che sta facendo di tutto per non sentirsi dire: “Sei un bamboccione”. “Il 30 aprile scade il contratto di collaborazione a progetto, il primo contratto della mia vita, e vorrei presto firmarne un altro, magari a tempo indeterminato, per evitare di essere ancora a lungo sulle spalle dei miei genitori”. Dall’esperienza che sta per terminare Marco sembra aver trovato un po’ di fiducia verso il mondo del lavoro, realtà che finora pare avergli voluto voltare le spalle.
Non basta più il “pezzo di carta”. “Pensare che ancora prima di laurearmi il relatore della tesi mi ha chiesto se fossi interessato ad un dottorato di ricerca. Gli ho risposto che preferivo confrontarmi con il mondo del lavoro. Col senno di poi avrei dovuto accettare quell’offerta”. Conseguita la laurea con la votazione di 105/110 per Marco comincia, infatti, il travagliato percorso alla ricerca di un lavoro. “La prima azienda che mi ha convocato è quella nella quale ho svolto il tirocinio per laurearmi. Avrei iniziato volentieri la mia carriera lavorativa con loro ma, dopo un colloquio piuttosto generico e due mesi di attesa, con una lettera mi hanno informato di non essere interessati al mio profilo”. Passano alcune settimane e Marco si presenta in un’agenzia interinale incuriosito da un annuncio. “Al mattino consegno il mio curriculum vitae e l’indomani affronto già un colloquio che termina con il consueto ‘Le faremo sapere’. Nel giro di poche ore l’agenzia interinale mi comunica che il colloquio è andato bene e che a breve ci saranno aggiornamenti”. Che effettivamente arrivano, ma sono un po’ grotteschi. “Secondo l’impiegata dell’agenzia interinale farei proprio al caso dell’azienda se non fosse che stanno cercando un neolaureato con esperienza. E io di esperienza non ne avevo. Però, sfruttando il mio status di neolaureato, pensano di offrirmi un contratto da tirocinante. Offro la mia disponibilità e rimango in attesa”. Ma ci sono le vacanze estive di mezzo e da quel momento l’agenzia interinale non si fa più sentire. “Se non li avessi contattati io, loro non mi avrebbero fatto sapere alcunché. Neanche l’azienda mi ha cercato direttamente e così quello che poteva essere il mio primo impiego è svanito nel nulla”. Neppure dalle aziende che lo cercano “grazie alla banca dati del Politecnico” arrivano novità positive.
Il fallimento dei canali istituzionali. Marco le prova davvero tutte. “Un paio di anni fa mi sono presentato al centro dell’impiego della mia città dopo aver letto un annuncio sul giornale. Dopo aver letto il mio curriculum e avermi fatto un paio di domande, il funzionario mi dice: ‘Non posso comunicarle il nome dell’azienda interessata, però in mattinata invierò loro i suoi dati e entro domani la contatteranno, perché hanno bisogno’. Una chiamata che sto aspettando ancora, visto che né dall’azienda né dal centro per l’impiego ho ricevuto comunicazioni”. Nel frattempo Marco è riuscito a trovare qualche piccolo lavoro, “ovviamente in nero”, “che non è servito a nient’altro che a guadagnare qualche centinaio di euro al mese e così non gravare troppo sulla famiglia”, dice con un po’ d’imbarazzo. L’inizio del 2015 ha portato, finalmente, una bella notizia. “Avevo inviato tempo fa la domanda per partecipare ad un concorso per la selezione di una trentina di persone in tutta Italia. I mesi sono passati e quando ogni speranza sembrava ormai persa, mi hanno convocato. Così per tre mesi a Roma ho potuto vivere un’esperienza eccezionale”. Marco s’illumina raccontando cosa ha fatto da inizio febbraio: “In realtà niente di straordinario, semplicemente il lavoro per cui ho studiato. Ma il poterlo fare mi ha riempito di entusiasmo anche se so che questa esperienza è al termine e non verrà prolungata”.
Quale futuro? E dove? Avvicinandosi maggio, Marco si è messo alla ricerca di un nuovo lavoro: “Ho ripreso ad inviare curricula. E un paio di settimane fa mi sono di nuovo rivolto al centro per l’impiego della mia città: mi hanno detto di rifarmi vivo quando il contratto sarà scaduto”. A Roma non è andata meglio: “Ho contattato un centro per l’impiego ma mi hanno risposto che perché accettino la mia iscrizione serve che sia domiciliato nella Capitale”. Con il decreto legge 34 del 20 marzo 2014, in realtà, l’iscrizione presso il centro per l’impiego non è più legata al domicilio ma è possibile su tutto il territorio nazionale. “Davvero?”, chiede sgranando gli occhi. “Eppure anche ad un amico di Siena hanno detto la stessa cosa”. “Alle volte mi viene da pensare che in Italia si faccia di tutto per complicare la vita”. Marco ha valutato anche l’ipotesi di trasferirsi all’estero ma “amo troppo l’Italia e vorrei poter costruire qui il mio futuro. Chiedo solo di averne la possibilità”.