carcereDIOCESI – Prosegue la nostra “rubrica dal carcere” leggi i precedenti articoli curata dai volontari della nostra diocesi.
Questa settimana vi proponiamo la testimonianza di due detenuti sui figli.

Mio figlio
Uno dei ricordi più belli che ho è quello della nascita di mio figlio.
Io e mia moglie eravamo emozionatissimi, non abbiamo dormito per una settimana, ci svegliavamo continuamente per cambiarlo, vedere se stava bene o anche solo per guardarlo. Visto che non c’erano con noi i nostri genitori per aiutarci e per darci consigli, avevamo paura che stesse male ogni volta che piangeva, ma quando non lo sentivamo piangere ci preoccupavamo lo stesso e gli andavamo vicino per vedere se respirava normalmente.
È stato emozionante avere qualcosa di così piccolo tra le mani, così fragile, prezioso tanto da avere paura di toccarlo, così indifeso e morbido!
Alla nascita della mia prima figlia non mi era stato possibile essere presente, perché ero già detenuto.
Ho capito che a causa di questa mia assenza mi è mancata la possibilità di conoscere quale magia sia la nascita di un bambino, che non è una cosa scontata, bensì qualcosa di molto importante. Ho potuto capire la differenza e che cosa significhi essere vicino ad un figlio, accudirlo, dargli da mangiare, accarezzarlo. Sono cose che non si dimenticano mai.
Questo è il mio più bel ricordo; mi piace l’idea di essere stato cresciuto anche io in questo modo, con questo amore, con questo “timore”. S.

Mia figlia
Ricordo quando la mia bambina, a 11 mesi, ha iniziato a fare i primi passi da sola e per me è stata un’emozione grande, unita alla paura che cadesse; allora io la seguivo passo dopo passo, con le mani la accompagnavo per far si che non cadesse. Per me è stata sempre una grande emozione perché quando lei mi vedeva arrivare a casa, mi veniva incontro con i suoi piccoli passetti.
Ricordo pure quando la prendevo in braccio per darle la sua pappa. Ero sempre presente su tutto: ricordo la prima volta che le ho cambiato il pannolino e, per colpa dell’emozione, gliel’ho messo al contrario; per fortuna mia moglie mi disse che avevo sbagliato, ma nonostante ciò, ero fiero di me stesso.
Quando mia figlia ha compiuto 3 anni, ricordo il suo primo giorno di scuola: mi hanno tenuto 2 ore perché funziona così i primi giorni:”Devi attendere che la bambina si adatti”. Per la verità io e mia moglie ci siamo resi conto che nostra figlia si era ambientata già dal primo minuto e si era messa a giocare con altri bambini; all’uscita addirittura, piangeva perché voleva restare a giocare con i compagni.
Ancora adesso è molto socievole e le persone mi fermano per dirmi che è bella come il sole.
Lei non sa dove mi trovo, ma sa che sto lavorando fuori città. C.

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