Mancano poche ore all’apertura dei seggi – si vota dalle 7 del mattino alle 22 di giovedì 7 maggio – e pochi giorni alle trattative per la formazione del governo del Regno Unito, ma nel Paese domina l’incertezza. È la prima volta per una nazione abituata a una chiara alternanza tra conservatori e laburisti e a sondaggi che dicono per tempo chi avrà la maggioranza di 326 voti necessaria per governare.
I conservatori di David Cameron e i laburisti di Ed Miliband in queste ore stanno percorrendo a tutta velocità il Paese da nord a sud, da est a ovest, isole comprese, per convincere gli ultimi indecisi. I sondaggi più recenti danno i conservatori di Cameron in leggero vantaggio al 34%, seguiti a un punto dai laburisti di Miliband. Sulla scena di Westminster protagonisti sono però, per la prima volta, i partiti minori: i nazionalisti dello Snp, gli antieuropeisti dello Ukip, i Liberaldemocratici già al potere all’ultimo governo assieme ai Tories, ma anche Verdi, gallesi dello Plaid Cymru, nordirlandesi del Democratic Unionist Party.
I conti non tornano soprattutto per il successo atteso degli scozzesi indipendentisti dello Snp. I commentatori ritengono che la loro valanga, giovedì, travolgerà i laburisti a nord del Vallo di Adriano, conquistando la maggioranza dei 59 seggi parlamentari assegnati alla Scozia da Westminster, e collocando il partito al terzo posto su scala nazionale per importanza dopo Tories e Labour.
Il leader laburista Miliband ha promesso di non allearsi con gli scozzesi, guidati da “lady” Nicola Sturgeon, nel tentativo di assicurarsi i voti degli inglesi, i quali temono una Scozia indipendente. Ma Miliband non sembra intenzionato neppure a una “grossa coalizione” con Cameron. Eppure appare chiaro che senza gli scozzesi formare un governo sarà difficilissimo.
Stando a giornali, tv e siti web, per ora tutto è possibile. Una riedizione della coalizione di governo uscente, oppure un governo tra conservatori e liberaldemocratici con l’appoggio di partiti minori, come i nazionalisti irlandesi. Oppure un governo di minoranza laburista appoggiato dall’esterno, magari dagli scozzesi, o sostenuto, di volta in volta da altri partiti, secondo le questioni sul tavolo. Sullo sfondo del voto del 7 maggio resta inoltre il paventato referendum sulla permanenza nell’Ue che David Cameron ha promesso per il 2017 in caso di vittoria elettorale.
Le elezioni di Londra – quelle politicamente più importanti del 2015 – appaiono come un labirinto oppure un puzzle. E l’Europa, preoccupata, sta a guardare.
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