Per Tarquinio, infatti, “non possiamo accontentarci di ‘non far crescere di più’ la guerra di Siria. Certo, sappiamo quanto sia difficile farla finire, e tanto più ora che s’è inestricabilmente legata alla vicenda dell’autoproclamato Stato islamico, ma sappiamo anche che le guerre finiscono solo quando cominciano i gesti di pace. Così deve essere e così può essere”. “È possibile – sostiene Tarquinio – impegnare il mondo e ‘costringere’ le parti in guerra ad aprire corridoi umanitari. È possibile far tacere le armi. È possibile fermare la distruzione. È possibile ascoltare la sofferenza, la fame e la sete della gente innocente. È possibile pretendere la ricostruzione di una città che fu splendida per il suo tessuto urbano e per la convivenza tra cittadini differenti e uguali, affratellati da una cultura del rispetto costruita con sapienza e pazienza. Aleppo – conclude il direttore – non può diventare il simbolo di una devastante sconfitta dell’umanità. Chi lo permette ne è il responsabile. E noi non possiamo ignorare la parte che ci spetta”.