A volte, per esigenze proprie della liturgia, capita che un brano della Parola venga tagliuzzato qua e là, fino a farne una specie di “spezzatino”, sicuramente selezionato con sapienza per essere collocato in quella liturgia insieme alle altre letture, ma forse impoverito della sua originaria ricchezza narrativa e kerigmatica.
C’è di bello che, così, siamo stimolati a riprendere in mano il testo ascoltato alla messa e a continuarne ed approfondirne la lettura.
Così è in questa VI domenica di Pasqua per la prima lettura, dagli Atti degli Apostoli, che fa parte della più lunga narrazione (tutto il cap. 10) dei fatti intercorsi tra Pietro e il centurione romano Cornelio.
Stringendo ulteriormente l’obiettivo c’è una frase che mi colpisce: «i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo»; zoomando ancora di più mi fisso sul verbo: si stupirono, in greco “exéstēsan”, che letteralmente si traduce: “uscirono fuori di testa”!
Sì, per gli ebrei credenti in Gesù, il fatto che Dio infranga clamorosamente i confini del popolo eletto per “versare abbondantemente” (traduzione letterale di effondere) anche sulle altre “genti” il dono dello Spirito Santo è una cosa impensabile, imprevedibile, una “follia”.
Eppure questa Parola fotografa una tentazione che è (evidentemente) nata insieme con la prima comunità cristiana e che affligge tutt’oggi le nostre comunità, quella di stabilire dei confini, alzare dei muri, di rinchiudersi e illudersi di rinchiudere Dio in una specie di club esclusivo, i cui “soci” hanno in comune un certo linguaggio, certe pratiche e certi vantaggi da cui gli altri, quelli di fuori, sono esclusi.
Dio, invece, non fa preferenza di persone, anche perché, dice Gesù nel Vangelo (Gv 15,9-17), non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.
Allora, come nella prima Pentecoste, anche in casa di Cornelio l’effusione dello Spirito produce come primo frutto la capacità di parlare in altre lingue, cioè di poter comunicare ed entrare in relazione con ogni persona anche se non è della mia stessa “lingua”, per poter glorificare Dio insieme.
E qual è il tipo di relazione che Gesù ci ha chiamato a instaurare con gli altri? «Non vi chiamo più servi … vi ho chiamato amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi».
“Amico”, cioè una persona che si ama, con cui si sta bene insieme, con cui si può condividere la vita, fino a fare “follie” l’uno per l’altro: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici».
E la fonte del nostro amore è il rimanere nel suo Amore, in ascolto della sua Parola, docili a suo santo Spirito che costantemente ci spinge fuori, tra la gente, per essere testimoni della sua gioia.