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Argentina, scuola incapace di attenuare le disuguaglianze

da Buenos Aires, Maribé Ruscica

In America Latina l’uguaglianza educativa e il superamento di ogni forma di discriminazione nell’area dell’istruzione continuano a essere un obiettivo da realizzare. Anche se nella regione il numero di analfabeti è diminuito, rimane ancora da superare il gap educativo che persiste rispetto ai Paesi del Nord. Lo afferma il brasiliano Paulo Speller, segretario generale per l’istruzione, la scienza e la cultura dell’Organizzazione degli Stati Iberoamericani (Oei), che lo scorso aprile ha visitato in Paraguay la città di Assunzione. “Non si tratta di copiare il modello del Nord, ma di dare all’istruzione la stessa priorità”, ha osservato. “Per fortuna nella regione esiste consenso sull’importanza dell’istruzione come priorità per tutti i governi dell’area. Non importa che sia di centro, di destra o di sinistra, nessun governo ha problemi quando si tratta di migliorare i sistemi educativi. Perciò, è probabile che la regione riesca ad arrivare allo 0% di analfabetismo”, ha concluso Speller in dichiarazioni riportate dal quotidiano paraguayano “Abc”.

Scuola incapace di superare le disuguaglianze. Di certo c’è che la scuola – nonostante sforzi e investimenti – non è riuscita ancora a invertire le disuguaglianze. In Argentina, ad esempio, dalla rassegna dell’“Operativo Nacional de Evaluación” (One) del 2013 – presentata negli ultimi giorni dal ministero della Pubblica Istruzione – emerge che il livello di apprendimento degli studenti dipende direttamente dalla situazione economico-sociale delle famiglie e che la scuola, purtroppo, non è in grado di sconfiggere le enormi disuguaglianze che si trascinano dietro gli studenti: cioè, le condizioni familiari ancora pesano in modo fondamentale sulla capacità di apprendere dei più giovani. Secondo l’indagine, il 22,3% degli studenti appartenenti a famiglie con alto livello economico raggiunge un rendimento alto in matematica, mentre tra gli studenti che provengono da famiglie meno abbienti solo il 3,8% ottiene quei risultati: la percentuale è sei volte più alta tra i bambini di famiglie con maggiori risorse che tra quelli più poveri.

Grande debolezza. Secondo Guillermina Tiramonti, ricercatrice della Facoltà latinoamericana di scienze sociali (Flacso) e dell’Università nazionale di La Plata, “questi risultati rivelano che la scuola ha difficoltà a compiere il suo compito di dare pari opportunità e di permettere il superamento delle condizioni di partenza degli studenti e dimostrano la debolezza dell’istituzione scolastica a rendere effettiva la sua funzione trasformatrice”. “Questa debolezza – spiega Tiramonti -, è direttamente proporzionale alla distanza che esiste tra la proposta culturale della scuola e l’origine socio-culturale degli studenti. La scuola deve diventare un’istituzione più forte, dev’essere in grado di emancipare gli studenti dalle loro condizioni d’origine, sviluppando in tutti le capacità necessarie. La scuola nega la possibilità emancipatrice ogni volta che si propone di educare i poveri sottomettendoli a quell’identità”, conclude Tiramonti.

Il ruolo della famiglia. “Attualmente – aggiunge Tiramonti – la scuola deve accogliere interi gruppi sociali, molto lontani dalla proposta culturale della scuola. Questi gruppi invece di essere assimilati alla cultura della scuola finiscono per ‘colonizzare’ la scuola e questa, alla fine, somiglia a questi gruppi”. A ciò si aggiunge che “esistono insegnanti che non credono nella possibilità che i giovani di tali gruppi possano imparare qualcosa e che s’impegnano abbastanza poco”. Dal rapporto presentato in Argentina emergono anche altri fattori che incidono sull’apprendimento: il livello educativo dei genitori che rappresenta un’altra disuguaglianza, in questo caso culturale, e la struttura familiare che rivela come la convivenza con i genitori si traduce in migliori rendimenti scolastici. Secondo Tiramonti, “la scuola è oggi estranea alla cultura dei giovani dei settori popolari: trova molta difficoltà a offrire insegnamenti significativi tra i giovani influenzati dai mass media”. E avverte: “La scuola finisce per riprodurre le disuguaglianze sociali se funziona bene solo con gli studenti che provengono da settori socioculturali più alti”.

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