All’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma una nuova tecnica per ridurre i rischi d’infezione e di ricaduta della malattia leucemica nei casi di trapianto di midollo da donatore aploidentico (compatibile a metà con il ricevente, come è il caso per ciascuno dei due genitori). Il trial – il primo in Europa – è partito nel novembre 2014. L’annuncio è stato dato il 13 maggio al convegno per i 30 anni da Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) del Bambino Gesù, cui ha partecipato anche il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin.
L’Ospedale ha da cinque anni messo a punto il trapianto di cellule staminali da uno dei due genitori per tutti i bambini colpiti da immunodeficienze severe, rare malattie genetiche dell’infanzia, leucemie e tumori del sangue che possano beneficiare della procedura trapiantologica. I risultati relativi ai pazienti con immunodeficienze e altre malattie genetiche sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Blood, giornale di punta in campo ematologico e trapiantologico. Per l’applicazione nel campo delle leucemie, la tecnica messa a punto dall’équipe del professor Franco Locatelli, responsabile Dipartimento oncoematologia e medicina trasfusionale al Bambino Gesù, è stata presentata nel dicembre 2013 a New Orleans al congresso della Società americana di ematologia.
Negli ultimi mesi il programma è stato ulteriormente implementato e rifinito definendo un approccio innovativo per accelerare la ricostituzione immunologica dopo il trapianto. L’utilizzo delle cellule del donatore geneticamente modificate attraverso l’introduzione di un nuovo gene suicida (chiamato Caspasi 9 inducibile) permette, in caso di reazioni avverse, di controllarle per impedire l’aggressione delle cellule del donatore sull’organismo del ricevente. Il trial, il primo in Europa, renderà più sicura e ampliabile ad un numero ancora più elevato di pazienti la procedura di trapianto del midollo da uno dei due genitori messa a punto dai ricercatori del Bambino Gesù. I risultati hanno dimostrato come la probabilità di cura definitiva per i bambini così trattati sia del 90%, valore addirittura un po’ superiore a quella ottenuta utilizzando come donatore un fratello perfettamente compatibile. Il rischio, già particolarmente basso di sviluppare complicanze a breve e lungo termine correlate al trapianto, è stato ulteriormente ridotto (soprattutto per quanto riguarda le complicanze infettive di tipo virale e fungino), rendendo il trapianto emopoietico da genitore una realtà potenzialmente applicabile a centinaia di altri bambini nel mondo.