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Montelparo e Roberto, una storia commovente che risale alla 2^ Guerra Mondiale!

di Giuseppe Mariucci

MONTELPARO – A Montelparo, la settimana scorsa, si è vissuta una bella favola! ….Se non si trattasse di una storia veramente vissuta con grande pena ed apprensione durante l’ultima guerra  mondiale, potrebbe essere veramente una favola per come si è svolta e per come, come una vera favola vuole, si è conclusa: con un ….. e vissero felici e contenti!

Ma andiamo per ordine e, citando alcuni stralci di un servizio di Letizia Dorinzi (nipote diretta di colui che, assumendosi rischi incredibili, ospitò e salvò un fuggiasco inglese!), vi vogliamo raccontare questa storia!

La seconda guerra mondiale.
Cinque soldati inglesi riescono a fuggire dal campo per prigionieri di guerra di Gravina, in Puglia. E a piedi raggiungono una terra in cui vengono accolti: le Marche. Un percorso di oltre 400 chilometri tra stradine tortuose, sentieri e mulattiere. I prigionieri arrivano stanchi, spossati e stupiti dalla meraviglia di quelle colline perfettamente arate e coltivate. Da quell’insieme di colori caldi puntellato da piccoli villaggi che dominano ogni cima.
Campanili che svettano nel cielo blu, case in pietra, contadini che lavorano incessantemente, gente di buon cuore.
E una famiglia tra tante, quella di Giovanni Antodicola (“Nannì de Pagnotta”), decide di accogliere uno di questi prigionieri proprio nella sua casa di Montelparo.
Di dargli un nome italiano, ROBERTO, di trattarlo come quel figlio che, ironia della sorte, è prigioniero di guerra altrove.
Una generosità incondizionata che non fa calcoli con i rischi, che non teme ripercussioni! nonostante il pericolo esista. Perché, come si dice, il paese è piccolo e la gente mormora. E c’è chi sta dall’altra parte della barricata, chi ha deciso di allinearsi, per scelta o per necessità, con il nemico.
La paura è tanta.
Ma nemmeno per un secondo fa desistere la famiglia Antodicola che protegge come un figlio quel ragazzo.
La guerra finisce, il soldato si salva, torna a casa.
E, dopo qualche anno, prima di emigrare definitivamente in Australia, torna al paesello per ringraziare, per mostrare alla moglie e ai figli i luoghi che lo hanno protetto, che gli hanno permesso di essere lì.
La storia potrebbe concludersi così, con un lieto fine che accontenta tutti.
E invece continua. Perché la gratitudine profonda si annida nei cuori e sopravvive anche alla morte.
E’ la gratitudine di chi è potuto venire al mondo grazie a quel gesto, di chi ha potuto raccontarlo ai propri figli grazie a quell’atto di generosità estrema e incondizionata.
Un bisogno impellente di vedere quei luoghi, di toccare quella terra e di ringraziare di persona i discendenti di chi ha saputo accogliere e ospitare con semplicità.
E ora la faccenda si fa seria perché da un anno quel che resta della famiglia Antodicola e dei suoi parenti acquisiti, prepara l’evento. L’incontro è imminente. L’ultimo figlio di quel soldato sopravvissuto ha sposato una donna “tosta”. Una donna che non ha esitato un secondo, che ha preso una storia che in fondo non le apparteneva e l’ha fatta propria.
Ci ha messo il cuore, ne ha fatto una missione.
Una donna che ha un marito con un grande desiderio che non può realizzare perché malato. E allora fa armi e bagagli, smuove mari e monti, contatta i discendenti perché quel desiderio, in qualche modo, vuole realizzarlo.
Una donna che rinuncia a passare tre preziosissime settimane con il marito (Rodney Brian Hill) per esaudire il sogno di lui. Per fungere da occhi e orecchie per chi su quell’aereo, purtroppo, non può salire. Per sentire la voce di chi quella storia se l’è sentita raccontare fin da bambina. Per vedere con i propri occhi quella casa in cui il suocero è stato nascosto, in cui ha trovato rifugio, conforto, un piatto in tavola, un letto in cui dormire, la salvezza. Per nutrire la memoria di volti e luoghi e riferire ogni dettaglio.
Se questo non è amore non so cos’altro possa esserlo.

L’evento c’è stato! La settimana scorsa a Montelparo!

Gillian Hill (nuora del soldato salvato), David Hill (figlio di Gillian) e Tracy (Cugina di Gillian) sono arrivati, dalla lontanissima Australia a Montelparo! “Roberto” si trasferì in Australia nel lontano 1958. Qui suo figlio Rodney formò famiglia sposandosi con Gillian.

E la prima famiglia con cui hanno preso contatto, lunedì 4 maggio, quella di Giuseppe Mariucci per via della parentela con Giovanni e dell’amicizia in Facebook che in questi ultimi due anni ha permesso di organizzare questa lunga trasferta!

Gli amici australiani, grazie anche agli interventi quali interpreti linguistici di Jan Mc Carty, Francesca Mariucci e Letizia Dorinzi, hanno potuto percorrere in lungo e in largo tutti i luoghi che videro protagonista il loro congiunto “ROBERTO”! Sono stati ricevuti anche in Comune con tutti gli onori. Qui, oltre all’incontro istituzionale con Vice-Sindaco, Paola Tempestilli, sono intrattenuti da un inesauribile Fano Onofrio che, dall’alto dei suoi quasi 101 anni, sa ripercorrere alla perfezione il periodo bellico di cui ci si occupava. Altro personaggio fondamentale che gli amici incontrano, quasi fortuitamente, è quello di Diana Lacchè, all’epoca ragazzina quindicenne, che ricordando perfettamente il fuggiasco “Roberto”, il clima di quei momenti e i pericoli che si correvano assumendosi questo tipo di rischio ha fatto scorrere più di un brivido nelle vene degli amici australiani!

Il momento, però, principale ed emozionante che li ha spinti a questa lunghissima trasferta e che ha potuto chiarire loro ogni sacrificio patito da tutti i protagonisti della storia, è stato senza dubbio quello della loro discesa in quel pozzo ed in quella grotta che hanno visto a lungo nascosto “ROBERTO”. Grandissima e palpabile emozione in loro ma anche in tutti i presenti: nei loro visi anche tante lacrime!

Per la verità anche il camino di casa Antodicola e la cuspide della torre della Chiesa di San Michele Arcangelo, poco distante dall’abitazione, servì (come spiegato magistralmente da  Amelia Antodicola in una lettera-testamento) in alcuni delicatissimi momenti a salvare la vita al nostro “Roberto”.

Grande esempio di umanità ed amore per il prossimo quello della famiglia Antodicola! Senza limiti se è vero, come è vero (altra testimonianza di Amelia), che “…in quei giorni, dopo la liberazione, passavano i gruppi partigiani a prendere i fascisti che avevano collaborato con i tedeschi. Una mattina sentimmo chiamare forte: era M.S.. Tutto spaventato ci disse che i partigiani lo avevano cercato a casa e che stava scappando. M. era un fascista come tanti, fascista ma non fanatico come il famoso R.! Babbo allora lo fece nascondere in quella stessa cantina che aveva nascosto “Roberto”, sotto casa. Dopo un po’ arrivarono i partigiani a cercarlo. Tra di loro un conoscente di mio padre. Non fu difficile, per babbo, convincerlo che a casa nostra non c’era nessun fascista.

Ci ritrovammo, così, a proteggere anche un fascista in cantina con i partigiani al piano di sopra!”

Ora la famiglia Hill ha ripreso la via per l’Australia non senza una grande serata passata insieme nella casa dove avevano preso alloggio e non senza avere invitato, ad una cena a base di specialità australiane, tutti quelli che dalla famiglia Antodicola discendono. Ha avuto modo di dire, a fine serata, Gillian: -“Siete la mia nuova famiglia in Italia. Ci sarà sempre un pezzo del mio cuore qui in Italia e a Montelparo! Dirvi addio è difficilissimo!”- Ed il figlio David aggiungeva: -“Ricordate sempre amici miei carissimi: in Australia avrete sempre una famiglia e una casa dove sarete sempre i benvenuti”-.

“Ciao Gillian, ciao David, ciao Tracy: siamo stati felici di avervi aiutato a farvi ricercare e ripercorrere il passato dei vostri antichi familiari! Ora che ve ne andate, ci lasciate un grande vuoto! A presto!”   Questa la replica dei presenti!