AVVISO: L’incontro di spiritualità francescana tenuto da P. Giancarlo Corsini non si terrà sabato 23 maggio come da programma, ma sabato 30 maggio sempre alle 21.15
DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza sulle letture di domenica 17 Maggio.
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura»: è il mandato che, secondo il Vangelo di Marco (16,15-20), Gesù affida agli apostoli prima della sua ascensione al cielo, specificando anche tutta una serie di segni che accompagneranno i portatori della Buona Notizia: «nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti … imporranno le mani ai malati e questi guariranno». È un elenco di imprese straordinarie, veri e propri miracoli, che siamo facilmente disposti ad ammirare nella vita dei Santi, di cui siamo devoti, o che riconosciamo come effetto della potente intercessione della Madre di Dio, ma che non riusciamo a comprendere come Parola rivolta personalmente a ciascuno di noi, che già facciamo fatica a credere e a comportarci cristianamente nell’ordinario.
Allora, non ci resta che stare a bocca aperta a fissare il cielo aspettando che Gesù ci dia un segno dall’alto?
«Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?», ascolteremo nella I^ lettura (At 1,1-11), ovvero in che termini possiamo anche noi essere qui ed ora testimoni della presenza e dell’opera del Signore che, ascendendo al cielo, ha promesso di restare sempre con noi? Ci viene in aiuto san Paolo nella II^ lettura (Ef 4,1-13): «Vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace».
Che meraviglia! Ecco, in poche semplici parole, i “miracoli” che, a ciascuno di noi è dato di compiere quotidianamente: scacciare la violenza del male con l’amore che tutto sopporta, ricomporre le divisioni con la dolcezza del perdono, rendere innocuo il demonio della superbia con l’umiltà, parlare una lingua nuova fatta di parole di pace, avere un cuore grande per prendere su di sé il dolore del fratello e guarirlo.
Tutti possiamo farlo perché abbiamo «un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti»; nessuno può tirarsi fuori con la scusa che non ce la fa, perché non dipende dalle nostre forze ma dalla grazia che è stata data a ciascuno di noi secondo la misura del dono di Cristo, che tutto si è donato perché avessimo la Vita. Non è una musica per solisti, ma è una sinfonia corale in cui ciascuno è chiamato a edificare il Corpo di Cristo rispondendo attivamente alla chiamata che ha ricevuto dal Signore, ognuno diversa, «finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio … fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo». Mi piace concludere con la strofa di un bellissimo inno del tempo di Pasqua:
E se dagli altri ci vien chiesto:
«Vogliamo un segno manifesto che Cristo vive»
il segno è che l’aspettiamo
e in questa attesa mai finita
del suo amore noi ci amiamo.
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