Sono state prese in considerazione alcune indicazioni del Vescovo e degli altri relatori al corso per volontari. In modo particolare sono stati sottolineati i seguenti punti e le possibili implicanze a livello concreto.
Ripartire dalla dignità della persona, di ogni persona. Non si può prendere in considerazione soltanto la povertà, occorre andare alla persona che è più grande della povertà che sta sperimentando. La carità non sopporta una relazione “dall’alto in basso”. Occorre alleggerire l’umiliazione delle persone spesso sepolta dietro rabbia, violenza, per essere animatori della carità secondo il cuore di Cristo.
Concretamente questo vuol dire la necessità di curare la qualità delle relazioni con tutti, a cominciare dai volontari, facendo attenzione ai modi e ai luoghi dell’accoglienza, al linguaggio verbale e non verbale.
2.Ogni atto autentico di carità verso i fratelli è un modo di amare Dio: lo avete fatto a me (Mt. 25). Questo permette di dare un’anima alla carità: non solo il fare, ma il fare come Gesù. Non si può essere operatore caritas perché si ha un po’ di tempo libero a disposizione, ma perché si cerca di vivere una forte spiritualità nutrita dalla Parola e dall’Eucaristia.
Concretamente questo vuol dire che il cuore della sede caritas è la ‘chiesa’ e la prima azione è la preghiera, specie la preghiera di intercessione. Sarebbe bene prima di iniziare il servizio prgare insieme. In caritas diocesana ogni lunedì si celebrerà alle ore 17.30 l’Eucaristia per tutti i volontari e si sta pensando di celebrare ogni martedì alle 12.00 per quanti vengono alla mensa.
3.La prima forma di carità che evangelizza è la comunione. Occorre mettere da parte l’ipocrisia, l’invidia, la gelosia, le rivalità, le chiacchiere, i litigi a cominciare dagli operatori della carità. La prima lettera ai Corinzi ci è di insegnamento! I carismi, i doni dello Spirito Santo vengono dati per l’utilità comune. Occorre imparare la stima e la fiducia reciproca. Senza unità tra gli operatori della carità non si può operare. Ci riconosceranno da come ci amiamo: lo ha detto Gesù!
Concretamente occorre agire collegialmente, decidere e lavorare insieme, valorizzando le zone pastorali e le vicarie. In caritas diocesana settimanalmente ci si incontrerà con tutti i responsabili ed ogni responsabile programmerà settimanalmente con la propria equipe il servizio da svolgere prevedendo la relativa verifica.
4.Senza ordine non si va da nessuna parte, per cui é necessario darsi delle regole ed esigere che, senza farisaiche rigidità, si rispettino da parte degli operatori e da parte dei poveri. Certamente non va dimenticato l’insegnamento di Gesù: non é l’uomo fatto per il sabato, ma il sabato fatto per l’uomo. Quando si parla di regole si intende innanzitutto la regola del Vangelo, quelle dello stato, quelle interne alla Caritas . La carità disordinata non è più carità.
Concretamente questo comporta una progettualità parrocchiale, interparrocchiale e diocesana all’insegna della collaborazione e della condivisone. E’ importante il rapporto Caritas diocesana e Caritas parrocchiali. Occorre trasparenza e sinergia: possibili percorsi potrebbero essere quello di incontri periodici per i responsabili delle Caritas parrocchiali con l’equipe dei responsabili della Caritas diocesana; la collaborazione di qualche volontario delle Caritas parrocchiali in quella diocesana; la disponibilità all’accompagnamento o alla formazione da parte della Caritas diocesana alle Caritas parrocchiali.
5.L’esperienza della carità va fatta per condividere la gioia. Si é volontari per gioia e si fa volontariato perché si è incontrato Colui che è la nostra gioia, il Signore Gesù. Bisogna ‘innamorarsi dei poveri’, anche se spesso si presentano come ‘non amabili’: Gesù ha fatto lo stesso con noi! Il servizio che si fa non è una penitenza ma un’occasione che il Signore ci dà di stare con Lui. È importante conservare lo sguardo d’amore anche quando si viene ferito.
Concretamente il luogo dove è possibile educarci alla carità è una comunità “appassionante”, oasi di misericordia, come la definisce papa Francesco nella bolla di indizione del giubileo, capace di gratuità perché sa di aver ricevuto tutto dalla tenerezza di Dio. È importante che il gruppo caritas non si senta delegato dalla comunità a ‘fare la carità’ , ma sia animatore di quella carità che deve coinvolgere tutti. Bisogna accogliere tutto: il tempo piccolo e quello grande. Chi può dare di più non pretenda dall’altro la stessa misura. Chi può dare di meno non pretenda dagli altri di dare di meno.
I RESPONSABILI DELLA CARITAS DIOCESANA
1. Centro di Ascolto
reps. Anna Bruglia /Sr Vittoria
2. Magazzino e viveri
resp. Giuseppe Paci
3. Dispensa e refettorio
resp. Suor Smitha
4. Servizio accoglienza
resp. Anna Maria Sgattoni
5. Servizio Cucina
resp. Giuseppina Camaioni
6. Servizio vestiario
resp. Milena Crescenzi
7. Poliambulatorio
resp. Adele
dott. Di Biagio (direttore sanitario)
8. Osservatorio delle risorse e delle povertà
resp. Emanuele Arragoni
9. Servizio doccia
resp. Tonino Pezzuoli
10. Formazione
don Lanfranco Iachetti
Amministratore e tesoreria
Olindo Sciamanna