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Sì, Francesco vuole una Chiesa ospitale “casa da abitare”

Vincenzo Corrado
Il percorso è irreversibile: è difficile tornare indietro. E se ciò dovesse avvenire, significherebbe tradire il soffio dello Spirito Santo”. Ha usato questi termini monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del Consiglio di cardinali, per illustrare ai giornali Fisc (Federazione cui fanno capo 190 settimanali cattolici) il cammino compiuto finora sulla riforma della Curia Romana ma non solo… Incontrando oggi (22 maggio) ad Albano il Consiglio nazionale della Federazione e alcuni direttori dei settimanali, il vescovo ha ricordato che il Consiglio, il cosiddetto C9, è stato istituito da Papa Francesco per “aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale” e per studiare un progetto di riforma della Curia. Al riguardo, ha puntualizzato che si tratta di “riforma della Curia e non contro la Curia”. Il focus dei lavori del C9, ha spiegato, “non è solo la Curia Romana. Il Papa, infatti, liberamente aggiorna gli argomenti all’ordine del giorno. Ad esempio, durante i lavori, è stata affrontata la realtà economico-amministrativa, che non rientra nella Curia; così come ci si è occupati della tutela dei minori con l’istituzione di una Pontificia Commissione”.
Il “criterio” e lo stato dei lavori. Diverse le domande dei direttori per comprendere il lavoro svolto dal C9 e il “criterio” con cui si sta procedendo. “Ci sono tre verbi – ha affermato il vescovo – che possono illustrare efficacemente quanto si sta facendo: riorganizzare, semplificare, razionalizzare. Sin dall’istituzione del Consiglio, si è lavorato in questa direzione”. In che modo? “Dopo una prima fase, che chiamerei ‘euristica’ – ha risposto il segretario -, perché dedicata alla raccolta d’informazioni e pareri – in gran parte ha occupato i mesi successivi alla notificazione della decisione del Papa sino alle prime sessioni del Consiglio – si è passati alla fase di studio e, quindi, a quella della formulazione di proposte. Bisogna tener conto che il Consiglio ha tenuto oltre una sessantina di riunioni raccolte in nove sessioni e che – come dicevo prima – la riforma della Curia non è stato l’unico tema trattato”. Intanto, “si vanno già delineando alcuni risultati, come quelli annunciati sulla possibilità di raccogliere alcuni Pontifici Consigli in due più grossi Dicasteri: laici-famiglia-vita e carità-giustizia-pace”. Questa scelta, ha sottolineato il vescovo, rispondendo a un’altra sollecitazione, “non è una semplice ‘somma’: non ci sarebbe stato bisogno di una riforma”. Piuttosto, “si tratta di un ‘ri-pensamento’ in vista di uno snellimento e di una semplificazione”.
Il principio di sussidiarietà. Nel lavoro di riforma, ha aggiunto monsignor Semeraro, “c’è un altro criterio che ci sta guidando: il principio di sussidiarietà. La Curia Romana – diceva Paolo VI – è ‘lo strumento di cui il Papa ha bisogno, e di cui il Papa si serve per svolgere il proprio divino mandato’, che consiste anche e soprattutto nel promuovere la comunione in tutte le Chiese. Quindi è uno strumento a servizio della funzione del Papa nel garantire la comunione”. Al riguardo, il vescovo ha citato quanto san Gregorio Magno scrive in una lettera: “Il mio onore è l’onore della Chiesa universale. Il mio onore è il solido vigore dei miei fratelli. Allora veramente sono onorato, quando non si nega l’onore dovuto a ciascuno di essi”. Queste parole “focalizzano bene quanto sia importante il principio di sussidiarietà”. Adesso, ha poi aggiunto Semeraro, tornando a parlare dei lavori del C9, “oggi si è a una fase di svolta: come ho detto, il lavoro di studio è terminato. Ci sono delle questioni da affrontare meglio, come, ad esempio, tutto il discorso ecumenico: l’attenzione della Chiesa latina verso le Chiese di rito orientale è un test importante per i rapporti con gli ortodossi”.
Lo stile di Francesco. Insomma, il lavoro fatto è già tanto… E c’è uno stile nuovo che va sempre più emergendo. Quale?, hanno chiesto in coro i direttori. “Francesco – ha risposto Semeraro – ha un modo per guardare il ‘di dentro’ della Chiesa ed è quello che ci ha descritto già nei primi mesi del suo ministero nell’esortazione ‘Evangelii gaudium’. Una Chiesa in uscita per ‘consolare, aiutare, incoraggiare’. Ha pure una modalità per guardare ‘ad extra’: penso al primo viaggio di Francesco, a Lampedusa; alle recentissime intese con Nazioni povere, come Cuba e la popolazione palestinese, ecc. Al sogno di una Chiesa povera per i poveri. Sempre ‘consolare, aiutare, incoraggiare’”. Ed è qui che in definitiva sta la novità di Papa Francesco: “Prima d’insegnarci contenuti, ci presenta – e incarna – uno ‘stile’. Forse è proprio questo che, in lui, affascina tanti e (inevitabilmente) inquieta altri. Ma non sono le parole che si dicono, a fare l’uomo. È lo ‘stile’. Francesco c’incoraggia a una Chiesa ospitale, ‘casa da abitare.’ Anche il Vangelo, egli ci ricorda, deve essere annunciato in modo ‘ospitale’, ossia in parole e azioni, con assoluta concordanza tra ciò che si vive interiormente, quel che si dice con le labbra e ciò che si fa con la vita. Se farà così, sembra ricordarci, la Chiesa non sarà solo un ‘tempio’ fatto di pietre, ma più ancora una ‘dimora’. E ogni incontro, fatto nella Chiesa e dalla Chiesa, si mostrerà quale dimora di Dio con gli uomini”. Per questo, il percorso ormai tracciato è irreversibile e inarrestabile…
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