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L’Europa colpisca il favoreggiamento dell’immigrazione

Di Michele Luppi

“Credo che l’Europa stia dimostrando una certa miopia nell’affrontare una questione che va ben al di là dei confini della Libia. Ci viene venduta una soluzione troppo facile a un problema complesso perché anche se interrompessimo le partenze dalla Libia i trafficanti troverebbero altre strade, esattamente come un fiume in piena trova sempre una via di fuga”. Andrea Di Nicola, professore di criminologia all’Università di Trento, usa questa metafora per aprire una riflessione sul tema dei migranti e del traffico di essere umani a pochi giorni dal Consiglio dell’Unione europea che ha aperto la strada – in attesa del via libera delle Nazioni Unite – a una missione militare europea nel Mediterraneo. Un tema, quello del traffico di esseri umani, che Di Nicola conosce molto bene avendo dato alle stampe (insieme al giornalista Gianpaolo Musumeci) il libro “Confessione di un trafficante di uomini” (edito da Chiarelettere) frutto di anni d’indagini e incontri sulle due sponde del Mediterraneo.

Reti organizzate si combattono solo con una maggior organizzazione.
“In questi anni – racconta Di Nicola – abbiamo visto come i trafficanti non vivono nell’emergenza, ma costituiscono una rete che condivide rotte, contatti e finanziamenti. Non ci sono solo i trafficanti libici: ci sono quelli tunisini, algerini, egiziani, somali, turchi, afghani. Gruppi che pianificano con cura il loro business criminale studiando le vulnerabilità geografiche, normative e fisiche dei nostri sistemi. Non è sufficiente prendere gli scafisti, che sono l’ultimo anello della catena, ma bisogna colpire intermediari, finanziatori e organizzatori nei Paesi di partenza, di transito e di arrivo. Stiamo parlando di un business che nel solo Mediterraneo vale tra i 300 e i 600 milioni di dollari all’anno”.

La storia di Kabir.
Ed è soprattutto sulla disorganizzazione europea che Di Nicola punta il dito. Per farlo ci spiega uno dei tanti trucchi utilizzati dai trafficanti. “In Italia – spiega il docente – abbiamo incontrato Kabir (nome di fantasia) che gestisce il flusso di migranti dalle zone pashtun del Pakistan (al confine con l’Afghanistan). Questo trafficante pagava 2mila euro a imprenditori agricoli conniventi in cambio di una lettera d’invito per il lavoro stagionale in Italia. Grazie a questa otteneva un permesso di soggiorno temporaneo per motivi di lavoro per far venire in Italia un cittadino pakistano da cui si faceva pagare 8mila euro. Una volta entrato legalmente in Italia al migrante veniva detto di scappare, buttare i documenti e fingersi afghano. A quel punto per altri 2mila euro Kabir organizzava il trasferimento verso la Germania dove il migrante poteva inoltrare domanda d’asilo con buone possibilità di ottenerla”.

Una direttiva europea sullo “smuggling”.
Per cercare di porre rimedio a queste situazioni sarebbe necessaria una direttiva europea sul traffico di migranti e richiedenti asilo. “È paradossale che a livello di Unione europea esista una direttiva sulla tratta degli esseri umani a fini di sfruttamento (il cosiddetto ‘trafficking’) – prosegue Di Nicola -, ma non sul favoreggiamento dell’immigrazione irregolare (lo ‘smuggling’). Questo fa sì che non vi siano legislazioni omogenee e lo stesso reato possa avere pene diverse. Invece, per combattere questo business criminale servono regole omogenee di diritto penale, di prevenzione, protezione e assistenza dei migranti coinvolti. Questo anche mediante l’istituzione di un coordinatore europeo per la lotta al traffico di migranti e richiedenti asilo”.

Sì alle quote. Un passo in questa direzione sarebbe l’istituzione di quote per la ripartizione dei migranti tra i vari Paesi europei. “Questo – conclude il docente – aprirebbe la strada alla reale possibilità d’istituire luoghi per l’istruzione delle domande d’asilo fuori dai confini dell’Unione europea. Questo non impedirebbe certo il lavoro dei trafficanti, ma lo limiterebbe riducendone il business. Soldi in meno da reinvestire in altre attività illecite: il traffico di armi, droga e le attività di gruppi terroristici”.

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