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Se è a servizio della vita la scienza non può aver paura della fede

Di Maurizio Calipari

Le poltrone del Centro Congressi di via Aurelia sono tutte occupate, e tra i rappresentati dei tanti gruppi territoriali di Scienza & Vita, convenuti a Roma per il decennale dell’Associazione, si coglie una certa animazione, in attesa che prendano il via i lavori dell’assemblea. Ritrovarsi per una messa in comune delle esperienze e per progettare insieme il cammino futuro è sicuramente un buon motivo per esserci, anche a costo di qualche sacrificio logistico. In questo clima, si apre il convegno “Quale scienza per quale vita?”, con cui Scienza & Vita celebra i suoi primi dieci anni di attività.
E subito le parole del saluto che il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha inviato ai partecipanti richiamano l’attenzione dei presenti su alcuni principi etici da non smarrire mai nel complesso percorso della scienza che avanza: “Una buona etica significa innanzitutto buona scienza, una buona scienza per una vita buona”. Tocca poi alla presidente dell’associazione, Paola Ricci Sindoni, introdurre ufficialmente i lavori, arricchendone il contesto con alcune importanti riflessioni. Ricorda la Ricci Sindoni come spesso il potere tecnico, da strumento, talvolta si tramuta in “scopo” della ricerca, “spesso mosso da interessi economici, del tutto estranei al bene delle persone”, “una minaccia questa da cui guardarsi”. Sottolineando poi la fondamentale dimensione culturale dell’attività di Scienza & Vita, rileva come sia essenziale “uno sforzo quotidiano per incidere sul tessuto sociale del nostro Paese” evitando “i nuovi dogmi della preclusione, dell’intolleranza e del pregiudizio”, nel rispetto assoluto “per la dignità della vita”, e guardando “con fiducia e attenzione alla scienza”.
Si entra quindi nel vivo del convegno, la cui relazione principale, affidata al cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, sviluppa il tema che dà il titolo al convegno stesso. Un ragionamento a tutto campo, quello del presidente della Cei, che dopo aver riassunto per grandi linee l’insegnamento biblico sulla vita umana e sul suo valore, passa a considerare alcuni aspetti etico-antropologici del bene della vita, alla luce delle grandi sfide poste dal contesto culturale e sociale contemporaneo. Dopo aver sottolineato come solo “l’orizzonte della fede possa dar senso ai diversi significati della vita”, Bagnasco mette al centro il ruolo fondamentale della ragione, “facoltà umana del vero” per eccellenza, nella promozione del dialogo comune sulla vita. Del resto, “se viene meno la ragione – constata – finisce per venir meno anche la natura (come concetto)”. Ma così l’uomo perde anche i suoi “legami”, i punti di riferimento che lo accomunano agli esseri umani, e si ritrova fatalmente “in solitudine”, incapace cioè di vero incontro interpersonale.
Anche la nozione di “sacralità” della vita viene rivisitata da Bagnasco, che suggerisce di riferirla, oltre che alla ovvia dimensione trascendente, a ciò che “non è (totalmente) disponibile”. Si tratta di un atteggiamento da assumere nei confronti della realtà, una sorta di “inchino” rispettoso di fronte a ciò che è evidente, come ad esempio il fatto incontestabile che “nessuno di noi può darsi la vita da solo”. Infine, il cardinale si sofferma sulla scienza a servizio dell’uomo e sulle insidie di uno “scientismo tecnologico”. “La tecnologia non è in se stessa buona o cattiva, ma è buona o cattiva a seconda del modo in cui viene impiegata”. Ritorna così in primo piano la responsabilità umana nell’uso “buono” dei mezzi per il raggiungimento di finalità “buone”. Da parte della Chiesa, non c’è preclusione o pregiudizio nei confronti della scienza, che viene apprezzata come “un bene essenziale per l’uomo”, un’espressione della sua creatività. “Ma la scienza non è puramente oggettiva, lo sanno bene gli scienziati stessi, né è assoluta. Ha bisogno di interpretazioni e correzioni”. Essa non deve aver paura della fede, “così come quest’ultima ha bisogno di una comprensione sempre più approfondita dell’uomo e non può non mettersi in ascolto della scienza e stimare le potenzialità della tecnologia”. Ma rimane imprescindibile la necessità di un ragionamento sulle finalità della loro applicazione. L’intervento del cardinale Bagnasco si conclude con un affidamento a Scienza & Vita: “Il mandato di difendere la vita umana, senza temere fatiche ed incomprensioni”, lavorando con impegno rinnovato per promuovere una “salutare interazione e integrazione tra scienza e vita”. Un impegno che l’associazione, forte dei suoi dieci anni di presenza sulla scena pubblica, saprà certamente onorare, a fronte delle sfide già in atto verso la vita umana e a quelle che il futuro tecnologico già promette.

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