“Aiutare i Paesi in via di sviluppo di tutto il mondo a costruire società pacifiche e prospere non è solo una questione di equità, ma contribuirà anche a un mondo più sicuro”. È sostanzialmente questo l’obiettivo del 2015, Anno europeo dedicato all’azione esterna dell’Ue e al ruolo dell’Europa nel mondo.
Eurobarometro attesta che oltre l’80% dei cittadini Ue considera importanti gli aiuti allo sviluppo, il 60% pensa che andrebbero accresciuti e i due terzi ritengono che la lotta alla povertà deve essere una priorità dell’Ue. Evidente il richiamo alla responsabilità dell’Unione europea per il futuro dell’umanità. A questo proposito non sarebbe fuori luogo non tanto un accenno storico quanto una ripartenza politica dalla Dichiarazione Schuman che all’idea di solidarietà faceva immediatamente seguire il riferimento all’Africa.
Purtroppo, però, si è perso tempo. Lo ricorda Anthony Giddens, nel libro “Potente e turbolenta”, con una riflessione sul passato coloniale dell’Europa “che non si seppellisce così facilmente”. Scrive il sociologo inglese: “Gli sforzi dell’Ue per fare da arbitro nel Medio Oriente si pongono nettamente in contraddizione con il fatto che i semi dei conflitti radicati in quella regione sono stati sparsi in gran parte dagli stessi europei”.
Possono i colonizzatori di ieri essere oggi i sostenitori dello sviluppo dei popoli che hanno sfruttato? Il passato non si cancella, ma non può fare dell’Europa “il gigante incatenato” dagli egoismi come titola Martin Schulz il suo libro sul domani del Vecchio Continente. Il presidente dell’Europarlamento, dopo aver scritto che noi europei, pur avendo ricevuto nel 2012 il Premio Nobel, “non siamo stati in grado di anticipare la crisi umanitaria e migratoria che sarebbe arrivata dall’Africa e dal Medio Oriente”, aggiunge che “la mancanza di Europa ha avuto un prezzo altissimo” e solo con “un vero e proprio governo europeo scelto e controllato dal Parlamento” è possibile liberare il gigante e renderlo solidale.
Non ci sono scorciatoie per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo del millennio, che prevedono l’eliminazione della povertà e lo sviluppo sostenibile, e neppure è possibile arrivarci senza una cultura e una politica che si alzino in quota perché la presenza europea nel mondo non sia il triste segno della globalizzazione dell’indifferenza.
L’Anno europeo per lo sviluppo è anche un’occasione per rafforzare azioni concrete in sintonia con Expo 2015 (nutrire il pianeta, diritto al cibo, lotta allo spreco…). Occorre però realismo e non senso di impotenza a fronte delle tragedie umane che hanno i nomi di fame, guerra, sfruttamento, inquinamento, catastrofe naturale.
L’Europa non può tergiversare e neppure trasformarsi nel Godot di Samuel Beckett. Sylvie Goulard e Mario Monti in “La democrazia in Europa” scrivono: “Sarebbe un’Europa più grande e rispettata quella che sapesse regalare al mondo una prospettiva diversa dall’accettazione rassegnata dell’impotenza collettiva. I nostri partner mondiali si attendono dall’Europa un guizzo morale di questo tipo”.
In questo guizzo morale si inserisce la questione ambientale anche in vista della XXI Conferenza delle Parti (Cop 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre 2015. L’obiettivo della Conferenza è di concludere, per la prima volta in oltre 20 anni di mediazione da parte delle Nazioni Unite, un accordo vincolante e universale sul clima, accettato da tutte le nazioni.
L’Europa, ricorda al riguardo Martin Schulz, “è stata in passato la prima regione al mondo a inquinare il pianeta: oggi abbiamo il compito di concepire un ordine mondiale post-materialistico. Un ordine mondiale che trovi l’armonia di economia ed ecologia, che sappia preservare le condizioni naturali in cui è nata la vita e perlomeno arginare il cambiamento climatico”.
Se questo progetto, unito a quello dello sviluppo, vuole avere significato e prospettiva occorre restituire il primato alla dignità della persona. La Chiesa cattolica non si è mai stancata di ricordarlo anche nel suo “dialogo strutturato” con le Istituzioni Ue che è un bussare instancabile alla coscienza dei legislatori, dei governanti, dell’opinione pubblica. In questa prospettiva si pone anche la Caritas europea con un forte impegno per la globalizzazione della solidarietà.
Lo stesso Papa Francesco, che si accinge a offrire un’enciclica sulle questioni economiche e ambientali, nel prendere la parola il 25 novembre 2014 davanti al Parlamento europeo, dice: “Non si può tollerare che milioni di persone nel mondo muoiano di fame mentre tonnellate di derrate alimentari vengono scartate ogni giorno dalle nostre tavole. Inoltre, rispettare la natura ci ricorda che l’uomo stesso è parte fondamentale di essa”. È nella promozione e nella tutela della dignità della persona che sta la ragione politica d’essere dell’Unione europea. Qui è il guizzo morale atteso dal resto del mondo.