I rom hanno sogni come i nostri o problemi come i nostri? Sperano in un futuro migliore per i figli? Desiderano studiare? Sembra strano porre queste domande, perché dovrebbe essere scontata la risposta affermativa: i rom sono esseri umani come noi, “eppure, molta gente resta sorpresa che sia così, tanti sono i pregiudizi: l’ho capito quando una signora che gestisce una merceria nella zona di Poggioreale, a Napoli, si è stupita di scoprire che una sua cliente era una ragazza rom. Mi ha detto: ma è una persona come me, ha i miei stessi problemi con i figli, con la spesa, con le mani rovinate per il bucato…”. A raccontarcelo è Salvatore Esposito, responsabile dei progetti con i rom per la Comunità di Sant’Egidio di Napoli. Salvatore ha conosciuto Gabriela (è un nome di fantasia) all’ambulatorio medico che la Comunità gestisce a favore dei rom, presso i locali della parrocchia di S. Carlo Borromeo al Centro direzionale. La donna ha due figli. Da quando è nato il primo porta regolarmente i figli a controllo, ha fatto le vaccinazioni e, appena il primo ha compiuto tre anni, lo ha iscritto all’asilo. “Gabriela – osserva Esposito – è un esempio positivo d’integrazione. Vuole per i figli un futuro migliore e ha saputo intessere con le persone del quartiere di Poggioreale dei rapporti buoni, tanto che i commercianti stentano a credere che sia una rom. Perché, per troppi, un rom non può essere una persona come noi”.
Il sogno di una mamma. Come si vincono i pregiudizi? “La chiave di svolta è l’amicizia e la grande occasione viene offerta dalla scuola”, sostiene Gabriella D’Orso, viceprefetto di Napoli, con delega all’immigrazione. Per questo, la Prefettura ha scommesso sul programma “Diritto alla scuola, diritto al futuro”, percorsi d’integrazione per il successo scolastico dei bambini rom, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, che prevede una piccola borsa di studio mensile di 50 euro a condizione che la famiglia s’impegni a far frequentare regolarmente l’alunno, impieghi il contributo per le spese d’istruzione del piccolo, l’alunno non sia coinvolto in attività di accattonaggio, l’alunno consegua risultati positivi a scuola. Un programma che ha permesso di realizzare il “sogno” di una mamma. Elena (anche questo è un nome di fantasia) sin da piccola desiderava studiare, ma il villaggio dove abitava in Romania era troppo povero e troppo lontano dalla scuola. La donna, che è venuta in Italia, ha un figlio che si chiama Cristian. Alla Comunità di Sant’Egidio di Napoli ha confidato il suo “sogno”: far studiare suo figlio. “Forse in Italia sarà possibile, forse almeno per mio figlio ci sarà un futuro diverso – ha detto Elena ai membri della Comunità di Sant’Egidio -. Ma come devo fare? Non so leggere né scrivere…”. Quando Cristian ha compiuto sei anni ha raggiunto la mamma a Napoli ed è stato inserito nel programma “Diritto alla scuola, diritto al futuro”. “Siamo andati insieme a scuola con Elena per iscrivere il piccolo Cristian – ci dice Esposito -. Quel giorno Elena era timorosa, sapeva bene che per un bambino rom anche in Italia è difficile. Una volta firmato il modulo d’iscrizione, però, la gioia è stata più grande della paura”.
Ancora difficoltà. “Fin dai primi giorni di scuola, Cristian ha conquistato la simpatia di maestre e compagni: sempre sorridente, gentile, felice d’imparare e curioso per quel mondo scolastico che si prendeva cura di lui”, evidenzia Esposito. Per Cristian, unico bimbo rom della classe, è stato “normale” avere amici gagè (non rom). Così, “mentre Elena sosteneva la famiglia chiedendo l’elemosina nei pressi di un supermercato e suo marito Florin lavorava saltuariamente come trasportatore, Cristian ha cominciato una vita come quella dei suoi compagni di scuola. Con grandi sacrifici Elena e Florin sono riusciti ad affittare una piccola casa affinché Cristian non crescesse in un campo come era stato per loro, senza l’acqua corrente, l’energia elettrica e in compagnia dei topi”. Poi è sopraggiunta la crisi economica: “Le difficoltà hanno costretto la famiglia di Cristian a rinunciare alla casa e a tornare nel campo. È stato un periodo molto doloroso per Elena e Florin, che decidono di rimandare dai nonni in Romania il figlio, almeno finché non fossero riusciti a rientrare in una casa”. Per un anno “Cristian è rimasto lontano dai genitori, ha frequentato la scuola nel suo paese di origine, pensando sempre con nostalgia ai suoi compagni e alle maestre di Napoli”.
Ottimi risultati. Dopo un anno il bambino è rientrato in Italia: “Grazie alla piccola borsa di studio del programma ‘Diritto alla scuola, diritto al futuro’ è potuto tornare dai suoi compagni e dalle sue maestre che lo hanno accolto con gioia. Ha frequentato assiduamente e con entusiasmo una delle Scuole della pace della Comunità di Sant’Egidio. Ha concluso il ciclo della scuola elementare riportando ottimi voti”. Oggi Cristian ha 11 anni e frequenta la prima media: “Studia con entusiasmo il latino ed è il primo della classe in matematica. Fa parte del Movimento ‘Giovani per la pace’ della Comunità di Sant’Egidio: ogni domenica si reca con i suoi amici napoletani in un istituto per anziani nel centro storico cittadino per far loro visita”. Nel caso di Cristian il sogno della mamma si è avverato!