È soltanto l’ultima e tra le più tristi imprese dei tifosi croati. La decisione di far disputare il match a porte chiuse, a causa della squalifica ottenuta dalla Croazia per i cori razzisti durante la partita contro la Norvegia del 28 marzo, non è bastata e ora la nazionale balcanica rischia conseguenze gravi. A novembre dello scorso anno, le intemperanze di circa duecento ultras croati avevano portato alla sospensione temporanea di Italia-Croazia a Milano. Anche in quell’occasione una “U” stilizzata era stata esposta dagli spalti, simbolo degli Ustascia ovvero i nazisti croati responsabili di stragi di massa nei campi di serbi, ebrei e zingari. Durante gli europei del 2008, erano stati sempre i tifosi croati a ingaggiare scontri con altre tifoserie che avevano portato a centinaia di arresti. In particolare a Klagenfurt, in Austria, era finito in manette Milivoj Asner, tra i dieci maggiori criminali nazisti latitanti: a 95 anni non aveva saputo resistere all’invasione della capitale della Carinzia.
Al termine della partita disputata ieri sera il portavoce della Federcalcio croata, Tomislav Bacek, si è affrettato a dire che “quello che è successo è una vergogna non solo per il calcio croato, ma per tutto il nostro popolo”. Dello stesso tenore le parole del presidente della Federcalcio croata, Davor Suker:
“È un nostro problema, e stiamo lavorando per risolverlo”. Ma forse la questione supera di gran lunga i patri confini e riguarda uno sport che, tra scandali e inchieste giudiziarie, sembra ormai uno spettacolo ai titoli di coda. Se non fosse ancora il gioco più bello del mondo, sarebbe davvero il caso di spegnere i riflettori.