dall’inviata Sir a Tunisi, Patrizia Caiffa
È tutta un’altra prospettiva guardare il fenomeno immigrazione dalla sponda sud del Mediterraneo, tra le Caritas di tutta Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente che da tre giorni si confrontano e dibattono sull’accoglienza, sui problemi, sulle chiusure e gli egoismi dell’Europa. Il Migramed meeting è in corso dal 15 giugno nel sole e nel vento di Tunisi, per iniziativa di Caritas italiana, in collaborazione con Caritas Internationalis e Caritas Europa. L’evento si chiude stasera (17 giugno) con una visita al museo del Bardo, dove è avvenuto l’attentato terroristico il 18 marzo scorso, una commemorazione nel piazzale per ricordare le vittime e una Messa in cattedrale. Nel frattempo si è dato il via ad una contro-agenda euro-mediterranea in quattro punti che sarà elaborata nei prossimi giorni e poi proposta all’Unione europea in vista dell’imminente vertice del 25/26 giugno. A Tunisi l’Europa delle porte chiuse citata oggi da Papa Francesco con la sua richiesta di perdono è presente in ogni discorso, con tutto lo strascico di polemiche politiche che ne conseguono, in Italia e negli altri Paesi europei. Le dure immagini dello sgombero dei profughi a Ventimiglia, la notizia di un muro anti-migranti lungo 175 metri che l’Ungheria vuole costruire al confine con la Serbia, rimbalzano come colpi di cannone tra i 130 delegati, arrivati nella terra della “rivoluzione dei gelsomini” in rappresentanza di 16 Caritas nazionali. Colpi mitigati in parte dalla vicinanza del Papa, che oggi ha lodato tutti coloro che aiutano i migranti.
Caritas, la contro-agenda euro-mediterranea. Quattro punti che si possono sintetizzare essenzialmente così: no ai campi profughi nei Paesi nordafricani e all’esternalizzazione delle frontiere; la quota di 40mila profughi da ripartire tra i 28 Paesi europei è “insufficiente” se paragonata ad una media europea di circa 400mila richieste d’asilo l’anno, serve quindi una accoglienza più realistica; sì al reinsediamento (il cosiddetto “resettlement”) dei profughi dai campi nei Paesi terzi (ad esempio i campi in Giordania e Libano dove sono accolti i siriani); ma soprattutto, sono necessari canali legali d’ingresso tramite visti e decreti flussi, “l’unico strumento per evitare migliaia di morti in mare e nel deserto”. Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana e di Caritas Europa, evidenzia la preoccupazione per la tragedia umanitaria che sta avvenendo nel Mediterraneo e nell’Africa sub-sahariana, che si scontra con l’atteggiamento di chiusura europeo. “Visto che l’Europa manca di visione e lungimiranza – precisa – proporremo una contro-agenda che tenga conto del contributo dei Paesi di origine e transito dei migranti e della tutela dei diritti umani”. Forti critica ancora una volta tutte le misure di tipo emergenziale prese nei confronti di un fenomeno che non si sa e non si vuole governare: così le quote europee sono “una goccia nel mare”, lo sgombero a Ventimiglia dimostra “il fallimento dell’Europa” e anche il cosiddetto “piano B” del governo italiano è praticamente inapplicabile.
Europa trovi soluzioni a tanta disperazione. “La casa del Papa sono le Caritas, le diocesi, le parrocchie di tutto il mondo che lavorano con i poveri e i migranti, non solo il Vaticano. Il Papa tramite le Chiese locali accoglie le persone e le rispetta”, ricorda monsignor Ilario Antoniazzi, arcivescovo di Tunisi e presidente di Caritas Tunisia, trevigiano ma in missione dal 1962, chiedendo a chi polemizza contro le parole di Papa Francesco di “aprire il cuore e diventare un po’ più sensibile”. “Ci si sente impotenti davanti a posizioni che vengono dai partiti o dai governi – afferma. I governi dovrebbero essere un punto di riferimento per queste persone disperate, trovando delle soluzioni per accoglierle in modo degno perché sono persone, non numeri, e devono essere rispettati secondo i diritti umani”.
L’esempio della Svezia. Una Europa che, dal 1990 al 2010, ha attratto 28 milioni di immigrati, più dell’8% della popolazione europea. Italia, Spagna, Gran Bretagna, Germania e Spagna da sole hanno il 75% della popolazione straniera residente su 28 Paesi. Ma anche se Italia e Grecia sono le principali porte d’ingresso i migranti si dirigono soprattutto verso Francia, Germania, Svezia, Belgio. In questi giorni a Tunisi le Caritas dei diversi Paesi hanno snocciolato cifre e raccontato le loro esperienze, le più diverse. Tra le tante spicca l’esemplare Svezia, dove tutti i migranti vogliono andare nonostante il freddo. Con 9 milioni di abitanti, ha avuto lo scorso anno ben 100 mila richieste d’asilo, soprattutto da Siria, Somalia, Afghanistan. Qui il fenomeno allarmante – racconta George Joseph, di Caritas Svezia – sono però gli 8.000 minori non accompagnati, ragazzi tra i 12 e i 15 anni, moltissimi sono stati vittime di abusi sessuali durante il viaggio, passando per il Marocco. C’è però un’opinione pubblica favorevole nei confronti delle migrazioni e un governo che mette a disposizione case e servizi ai rifugiati, per una reale integrazione. Gli anziani si mettono perfino a disposizione dei giovani con lezioni di svedese, diventando così i “nonni” dei migranti.