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Con Papa Francesco, prendiamoci cura della “casa comune”

di M. Michela Nicolais

Oggi “tutto è connesso”: per questo l’ecologia deve essere “ecologia integrale”, non un ecologismo “superficiale o apparente”. Capacità di “prendersi cura di tutto ciò che esiste”, cioè insieme ecologia ambientale, economica, sociale, culturale. Una “ecologia dell’uomo” che deve tradursi in una “ecologia della vita quotidiana” che abbia a cuore il “bene comune” e la giustizia tra le generazioni. Comincia con la citazione del Santo che ha preso “come guida e come ispirazione” fin dall’inizio del suo pontificato, l’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’, sulla cura della casa comune” – 192 pagine, 6 capitoli, 246 paragrafi – le cui prime due parole, nel titolo e nel testo, sono l’inizio del “Cantico delle Creature”, riportato per intero nel paragrafo 87. Fin dall’introduzione, dopo un excursus sul magistero dei suoi predecessori in materia – da Paolo VI a Benedetto XVI – Francesco menziona il “caro patriarca Bartolomeo” e l’impegno della Chiesa ortodossa per le questioni legate alla custodia del creato, tema che ritorna nel secondo capitolo, dedicato al “Vangelo della creazione” e al rapporto tra scienza e religione. Dopo la “Lumen Fidei” – l’Enciclica firmata a quattro mani con Benedetto XVI – e l’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, la seconda Enciclica scritta integralmente da Bergoglio è un vero e proprio manifesto-appello a 360° per “unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”, a partire dalle “drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo”. Sono loro gli “esclusi del pianeta”, miliardi di persone vittime della “cultura dello scarto”.

“La terra, casa nostra, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia”. È il grido d’allarme del Papa, che si sofferma sul problema dell’inquinamento prodotto dai rifiuti e sul “preoccupante riscaldamento del sistema climatico”: i cambiamenti climatici “sono un problema globale” i cui “impatti più pesanti ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo”. Per superare l’“inequità planetaria”, occorre garantire l’accesso all’acqua potabile da parte dei più poveri, tutelare la biodiversità e ridurre l’emissione di gas serra.

Oggi “c’è un vero debito ecologico, soprattutto tra il Nord e il Sud”. “Il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico”. Anzi, “i popoli in via di sviluppo continuano ad alimentare lo sviluppo dei Paesi più ricchi a prezzo del loro presente e del loro futuro”. Ci vuole “un’altra rotta”, per contrastare la “globalizzazione dell’indifferenza”: a questo proposito, Francesco stigmatizza la “debolezza della reazione politica internazionale” e spiega come “la sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente”. “È prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre”. Una cosa è certa: “L’attuale sistema mondiale è insostenibile”.

“La finanza soffoca l’economia reale” e “il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica”, scrive il Papa. Per reagire alla globalizzazione del paradigma tecnocratico, serve una “rivoluzione culturale”, antidoto alla “sfrenatezza megalomane”. No, allora, ad un “antropocentrismo deviato” che giustifica l’aborto in nome della “difesa della natura” e all’atteggiamento di chi pretende “di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”. No anche ad “un progresso tecnologico finalizzato a ridurre i costi di produzione in ragione della diminuzione dei posti di lavoro”: “Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società”.

“Contrastare meglio la corruzione”. A più riprese e in diverse parti dell’Enciclica, Bergoglio esorta ad ingaggiare una “lotta più sincera” contro questa piaga, sia nei Paesi sviluppati che nei Paesi in via di sviluppo.

“La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia”. La politica e l’economia, “in dialogo”, devono porsi “al servizio della vita, specialmente della vita umana”. “La bolla finanziaria è anche una bolla produttiva”, da cui rimane fuori “il problema dell’economia reale”, denuncia il Pontefice a proposito della crisi finanziaria del 2007-2008: “Il principio della massimizzazione del profitto è una distorsione concettuale dell’economia”.

“Rallentare il passo” e “rifedinire il progresso”. “Di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi”. È la ricetta, in controtendenza, di Papa Francesco, secondo il quale “è insostenibile il comportamento di coloro che consumano e distruggono sempre più, mentre altri ancora non riescono a vivere in conformità alla propria dignità umana”. “È arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti”: “Cambiare il modello di sviluppo globale”, come auspicava Benedetto XVI invocando la necessità della “sobrietà”, significa “ridefinire il progresso”.

“Conversione ecologica”.
Nella parte finale dell’Enciclica il Papa auspica una vera e propria “conversione ecologica” e invita ad operare un cambiamento dal basso degli “stili di vita”. “Non tutto è perduto”, perché “si può produrre uno stile di vita alternativo”, attraverso la capacità di “avere cura del creato con piccole azioni quotidiane”: a partire dalla famiglia, “luogo della formazione integrale” della persona e dell’esercizio delle virtù.

Simone Caffarini: