“Mari e muri. Infinite barriere mortali per i migranti” è il titolo del Dossier che Caritas Italiana propone oggi in occasione della Giornata mondiale del rifugiato del 20 giugno. In un momento in cui si torna a parlare di “muri” anche in Europa, con questo strumento si vuole indagare il fenomeno migratorio con uno sguardo particolare sui confini da varcare (“mari e muri”, appunto) e con un focus sulla realtà, poco conosciuta quanto drammatica, come le migrazioni nel Corno d’Africa verso il Golfo di Aden. Nel testo (on line su www.caritas.it) oltre al mar Mediterraneo, si ricorda il muro Saharawi, conosciuto anche come “il muro della vergogna”, che separa il Marocco e la parte dell’ex- Sahara Occidentale, i muri di Ceuta e Melilla, le ultime due enclaves sotto la sovranità spagnola in territorio africano, il muro Tijuana, che si estende per oltre 1.000 chilometri sul confine tra il Messico e gli Stati Uniti. E molti altri ancora (oltre 50 secondo gli ultimi dati), come il muro israelo-palestinese, il muro tra India e Bangladesh, quello tra Iran e Pakistan e quello annunciato in questi giorni dall’Ungheria al confine con la Serbia. Il Dossier, il sesto realizzato quest’anno, vuole inoltre ricordare e promuovere il diritto fondamentale alla libertà di movimento, garantito dalle Convenzioni Internazionali ed espresso nella Dottrina sociale della Chiesa.
Dalla Caritas, un dossier su “mari e muri, barriere mortali”.
Nel testo si ricorda una realtà poco conosciuta, quella dei Paesi del Corno d’Africa: Somalia, Etiopia, Eritrea, Gibuti. La Repubblica di Gibuti in particolare è un piccolo Stato che si affaccia sul Mar Rosso. Rappresenta il passaggio obbligato di molti migranti che fuggono dai conflitti e dalle repressioni nei loro Paesi per riversarsi nell’antistante Yemen. Nel 2014 sono state 82.680 le persone passate da Gibuti verso lo Yemen e identificate. Si ignora il numero dei clandestini mentre sarebbero 265 le vittime accertate. Il Dossier segue quelli già pubblicati e disponibili on line, che approfondiscono i temi della crisi in Grecia, del conflitto in Siria, della condizione dei carcerati ad Haiti, dello sfruttamento lavorativo in Asia e della condizione giovanile in Bosnia ed Erzegovina.