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Nel solstizio d’estate la luce irrompe in cattedrale

Di Andrea Damacco

L’estate a Bari non arriva solo con i primi caldi, i primi bagni in mare e i primi gelati. A Bari l’annuncio dell’estate arriva sotto forma di una rosa luminosa. Quella che da mille anni, il 21 giugno, illumina l’interno della cattedrale di san Sabino nella città vecchia. Alle 17.08 in punto, nel giorno del solstizio d’estate, i raggi del sole attraversano il grande rosone che si trova sulla facciata della cattedrale, raccolgono in un fascio di luce i 18 spicchi che lo disegnano e illuminano, combaciandosi perfettamente, il rosone marmoreo intarsiato sul pavimento della navata centrale davanti all’altare maggiore. Così, per celebrare l’evento, la cattedrale e il capitolo metropolitano primaziale di Bari raccolgono la città attorno a una performance artistica che riesca a esprimere la luce di Dio che arriva tra gli uomini. Come dice il parroco della cattedrale, monsignor Franco Lanzolla, “il significato teologico di questo ‘magico’ avvenimento è che Gesù è luce da luce. La luce di Dio illumina il cuore dell’uomo e la Chiesa. C’è un momento in cui siamo circondati dal buio che è il ‘chaos’. Allora la luce riporta all’ordine, l’uomo così si ritrova e risorge nello spirito di Dio”.

Dal buio alla luce. Il percorso che porta all’allineamento dei due rosoni è accompagnato da tre momenti artistici. Il primo è il Buio, è il disordine, lo smarrimento. In questa prima parte quattro ballerine vestite di nero danzano sulle note dell’opera “Pavane” del compositore francese G.U. Faurè e vengono accompagnate da alcuni versi dell’opera memorialistica di Primo Levi “Se questo è un uomo” rafforzando il senso di smarrimento. Dal Buio, quindi, si passa alla Luce. Questo secondo passaggio è aperto dalle parole “Fiat lux”, espressione genitrice dell’esistente. Compare quindi una figura vestita di bianco che porta con sé un cero. Tale figura è anche il simbolo del Risorto che rinnova l’umanità con il suo spirito. Al suo passaggio cambia anche la musica e il clima artistico. Ora vige la gioia, si evocano situazioni positive; le quattro figuranti oscure cedono il passo ad altrettante figure vestite di bianco che danzano sulle note di un’altra opera di Faurè, “Cantique de Jean Racine”. Intanto la lettura di brani tratti dal Vangelo di Giovanni collegano il Verbo incarnato con la creazione stessa. La rinascita determinata dall’intervento dello Spirito del Risorto è rimarcata dalla figura di un bambino che, anch’egli sul presbiterio, declama la poesia “Promemoria” di Gianni Rodari. Giungono le 17.08, l’opera si compie, le campane suonano a festa, la gente applaude. E arriva anche il terzo momento della festa. È il momento dell’Eucarestia, che fa la Chiesa, il popolo di coloro che si lasciano rinnovare dallo Spirito di Cristo. La rappresentazione allora si chiude con i figuranti che, attorno all’altare maggiore, si prendono per mano sulle note di “Salga a te Signore” di Franz Schubert.

La natura e l’arte. Questo piccolo “miracolo” unisce lo splendore della natura e l’arte dell’uomo. D’altronde la facciata della cattedrale fu appositamente concepita perché quell’attimo divenisse rappresentazione del Divino che irrompe nella sfera umana. Uno spettacolo che si verifica non solo a Bari, ma accomuna questa cattedrale ad altre chiese costruite in Europa nello stesso periodo (XI-XII secolo), come ad esempio la cattedrale di Chartres in Francia, il duomo di Firenze, la chiesa di san Petronio a Bologna, quella di santa Maria degli Angeli a Roma. La differenza però fra Bari e questi altri luoghi è che nella cattedrale di s. Sabino è l’intero rosone a convogliare la luce del sole e non un solo foro gnomonico. È il naturale che si unisce al soprannaturale, è la scienza che interagisce con la fede, è il misticismo che si ricongiunge con la materia inerte, tutto verso la fusione in un unicum affascinante che si manifesta nel giorno del solstizio d’estate, quando la bellezza entra fisicamente nella storia.

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