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“Pellegrini nel Cyberspazio” – “Comunicare Dio” impresa affidata ai cattolici giornalisti

Di Massimo Venturelli

Lo sguardo cristiano della notizia ha bisogno, oggi più che mai, di abitare gli areopaghi più moderni, di servirsi di quegli strumenti di comunicazione e di quegli spazi messi a disposizione dalla tecnica e dall’innovazione, perché sono gli stessi abitati da voci e da sguardi che tendono a banalizzare o a strumentalizzare quello cristiano.

È questo l’ideale filo rosso che ha tenuto insieme le tre giornate di “Pellegrini nel cyberspazio”, il secondo meeting nazionale dei giornalisti cattolici che si è tenuto dal 18 al 20 giugno a Grottammare, promosso dal settimanale diocesano “L’Ancora”, Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), Sir, Ordine dei giornalisti delle Marche, Ucsi e Zenit. Un convegno, quello ospitato in terra di Marche, che ha messo insieme “scienza” e “tecnica” alternando momenti di approfondimento sul significato di quello sguardo ad altri destinati alla conoscenza, al corretto approccio ai nuovi social media, campi in cui, come e forse più che su giornali, televisioni e radio, si gioca la sfida della comunicazione.
“Più che di giornalisti cattolici è tempo che si inizi a parlare di cattolici giornalisti”, ha affermato il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona e Osimo, intervenuto, con Andrea Tornielli, coordinatore di vaticaninsider.it, e Andrea Melodia, presidente nazionale Ucsi, nel corso della prima giornata del meeting. Le parole del cardinale, dopo quelle usate dai due giornalisti per la loro interpretazione del tema “Comunicare Dio”, hanno aperto la strada a un confronto, forse non ancora compiutamente risolto tra le potenzialità della tecnica (con la presentazione nel corso della seconda giornata di Twitter, Istagram, Big data) e l’occhio e il cuore del (cattolico) giornalista chiamato a raccontare la realtà e, come ricordato da Tornielli, a “lasciarsi ferire, a lasciarsi mettere in discussione da questa, per riuscire a comunicarla sfuggendo da semplificazioni”. Un confronto, quello proposto dal meeting, che si è alimentato anche delle parole di mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, che incontrando i partecipanti li ha invitati a non dimenticare mai che la comunicazione, al di là degli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia, continua a restare “esercizio” che si completa anche del silenzio, dell’ascolto di persone e situazioni che il giornalista è chiamato a raccontare.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Paolo Ruffini, direttore di Tv2000, Vincenzo Corrado, caporedattore dell’agenzia Sir, e Francesco Zanotti, presidente della Fisc, che hanno portato al meeting, la comunicazione di Dio che le loro testate si impegnano ogni giorno a portare avanti, nonostante insidie e difficoltà sempre nuove (l’ultima in ordine di tempo quella denunciata da Zanotti sulla consegna postale a giorni alterni che metterebbe in ginocchio il sistema dei settimanali diocesani già pesantemente toccato).
Comunicare Dio – ha raccontato monsignor Basel Yaldo, vescovo ausiliare di Baghdad, che con la sua testimonianza ha riportato i giornalisti (soprattutto i cattolici giornalisti) davanti alle loro responsabilità – è anche rilanciare il dramma che stanno vivendo i cristiani iracheni e che il mondo della comunicazione si è ormai stancato di raccontare. Eppure quella contro i cristiani in corso nel Paese e in tanti altri del Medio Oriente è una vera e propria persecuzione che si è fatta sempre più violenta e dura con la caduta di Saddam Hussein. La presenza cristiana in Iraq si è così ridotta da più di un milione di persone alle attuali 400mila.
Una vera e propria diaspora causata da leggi e da iniziative discriminatorie a cui si è aggiunta, in tempi recenti anche la pressione dell’Isis che con l’occupazione di Mosul, “città da cui derivano tutti i cristiani iracheni”, ha ricordato monsignor Yaldo, ha portato alla fuga, in una sola notte, di 120mila cristiani dal Paese. “I patriarchi e i vescovi – ha sottolineato – cercano d’incoraggiare i cristiani a rimanere nel Paese. Ma senza la sicurezza è un appello destinato a cadere nel vuoto”. Per questo, davanti al silenzio della comunità internazionale, monsignor Yaldo ha ricordato che il dovere dei cristiani del mondo è quello di raccontare il dramma dei fratelli iracheni; un impegno che diventa pressante per i giornalisti che, abitando con professionalità e anche con un po’ di anima i social, possono “comunicare Dio”, soprattutto quando questo significa raccontare i drammi e le sofferenze. Un insegnamento, un’indicazione importante per i giornalisti e gli operatori del mondo della comunicazione che hanno partecipato alla seconda edizione di “Pellegrini nel cyberspazio”.

L’organizzazione ha infine ringraziato gli sponsor dell’iniziativa la casa editrice Shalom, la cantina Colli Ripani, la Fondazione Carisap e molti altri sostenitori.

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