L’immagine restituita è amara e sconvolgente (ma anche patetica): un manipolo di povera gente che, strumentalizzata e impaurita, si erge a paladino della peggiore delinquenza. Con un decadenza morale così marcata, da arrivare a “usare” spudoratamente anche bambini e adolescenti come scudi umani, a difesa di chi delinque ferocemente, anche sulla loro pelle! Questa gente, di fatto, dice con i gesti: non vogliamo lo Stato e le sue regole di convivenza civile, preferiamo i boss e le loro logiche mortali! Insomma, l’anti-stato “a furor di popolo”. Anche se questo, alla fine, gli si ritorce contro.
In questi scenari (ma non solo in questi, purtroppo) è evidente il fallimento della costruzione di un tessuto sociale e civico che abbia riferimenti etici comuni, che sappia ancora distinguere con chiarezza il bene dal male, scegliendo senza tentennamenti il primo e rifiutando con decisione il secondo. Un fallimento le cui responsabilità gravano su tutte le agenzie educative in gioco, compresi Stato e Chiesa (sul territorio).
Ma non possiamo certo cedere rassegnati a questa logica. Occorre ricominciare, con pazienza e fiducia, proprio dalle nuove generazioni che, se opportunamente educate e sostenute, potranno costruire un futuro diverso, una società più giusta che sappia schierarsi dalla parte del bene, sempre e comunque.