Domani pubblicheremo tutte le foto dell’Ordinazione
MONTEPRANDONE – “La vocazione è una chiamata alla vita: a riceverla e a donarla.” Così Giovanni Paolo II apriva il messaggio per la XIX Giornata Mondiale Per le Vocazioni, nel 1982.
Domenica 28 giugno Pino Raio è stato consacrato alla vita diaconale, ha ricevuto la vita per donarla a ogni persona che incontrerà sulla strada.
Lo abbiamo incontrato durante la festa della sua ordinazione e ci ha raccontato qualcosa sulla sua vita.
Pino da dove vieni e dove sei nato?
Mi chiamo Giuseppe (Pino) Raio ho 30 anni, sono nato a Napoli e mi sono trasferito all’età di 16 anni a Centobuchi con la mia famiglia nel 2001 a causa di alcune difficoltà lavorative incontrate da mio padre.
Cosa hai fatto dopo gli studi?
Dopo essermi diplomato al liceo scientifico B. Rosetti di San Benedetto del Tronto ho avviato un’attività di imprese di pulizie con la mia famiglia ma allo stesso tempo seguivo il discernimento vocazionale.
Quando è cominciato questo tuo percorso?
La mia storia vocazionale non può che essere strettamente legata alle vicissitudini della mia vita. Avevo 16 anni quando sono arrivato a Centobuchi e tante erano le domande che mi ponevo circa ciò che mi era accaduto: perché un Dio che ama e che vuole bene all’uomo ha permesso che mi ritrovassi a 350 Km di distanza dalla mia cara città, dai miei amici, dai miei parenti, da tutto ciò che di più caro avevo? Cosa avevo fatto di male? Ma ormai la mia vita era nelle Marche ed in qualche modo sentivo la necessità di entrare in questa nuova realtà, ma come farlo? Il Signore già guidava i miei passi ed in poco tempo mi sono ritrovato nella parrocchia S. Cuore di Centobuchi, dove io e la mia famiglia abbiamo trovato il giusto sostegno per una maggiore integrazione nel territorio; ma nonostante ciò qualcosa ancora in me mancava.
Perché non ero felice fino in fondo?Come mai nonostante avessi ristabilito un equilibrio affettivo e sociale, quel vuoto in me ancora non se andava?
Gli amici, le ragazze, la stima della gente, le mie passioni, a quanto pare non davano una risposta alle mie domande di senso. Eppure da qualche parte una risposta doveva esserci…quel Dio amorevole che i miei genitori mi avevano trasmesso non poteva rivelarsi una bufala! Così l’amarezza provocata dall’ennesima scialba serata, mi ha portato a gridare quel nome che tanti annunciavano: Gesù se da qualche parte ci sei, aiutami! Da lì a poco mi ritrovai in una celebrazione Eucaristica delle comunità neocatecumenali nella parrocchia di San Filippo Neri, e fu un momento cruciale per ristabilire un sereno e sincero rapporto col Signore e con la Chiesa. La parola di Dio fu luce ai miei passi e i sacramenti furono occasione di incontro profondo con l’amore di Cristo e mi accorsi che in fondo la mia vita non era uno schifo ma un’opera sapiente di Dio. Un’altra domanda nasceva in quel periodo: se tutto ha un senso, a cosa mi stava portando tutto ciò? E così in un incontro vocazionale per giovani una parola del profeta Osea toccò profondamente il mio cuore: “Ti farò mia sposa per sempre” (Os 2,21). Da quel momento qualcosa in me era cambiato e il desiderio di seguire Cristo e testimoniare il Suo infinito amore fu tanto grande da non poter trattenere il donare totalmente la mia vita per Lui. Da qui il mio cammino di formazione al presbiterato iniziato in un seminario missionario diocesano internazionale in Francia, proseguito poi nel seminario regionale di Ancona.
Da quanto accaduto si può capire che il tutto è stato un fuori programma!
Il percorso sacerdotale che hai intrapreso come ha influenzato la tua vita, i rapporti con i tuoi amici?
Dal momento in cui ho risposto alla chiamata del Signore, non solo tutto è cambiato in meglio, ma mi ha anche aiutato ad instaurare rapporti più intimi e sinceri con le persone alle quali voglio bene.
Da qualche tempo vivi nella comunità di Regina Pacis. Cosa ti dà questa esperienza?
È da poco meno di un anno che mi trovo a vivere la mia esperienza nella parrocchia Regina Pacis e devo dire che mi hanno accolto fin da subito. La collaborazione col parroco e il contatto diretto coi giovani ha permesso durante questo tempo di accrescere la mia esperienza pastorale e vocazionale.
Quale è il sogno più grande che nutri per la nostra comunità diocesana?
Il sogno più grande è veder accrescere un nutrito senso di comunione ecclesiale seppur con una rispettosa diversità, affinché quel grido che i primi cristiani sentivano per le strade: “Guardate come si amano”, possa ritornare ad essere presente nel nostro territorio e far riconoscere in esse il volto amorevole del Cristo Risorto.
Come ti vedi tra 10 anni?
Spero fedele al Signore e al suo servizio!
Tanti cari Auguri Pino di buona strada!
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