Mons. SartorDi Giovanni Pasqualin Traversa
Umanizzazione, formazione, nuovi linguaggi, speranza, verità, bellezza come “elementi decisivi” per l’evangelizzazione e la catechesi. A indicarli è monsignor Paolo Sartor, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei, a conclusione del Convegno nazionale dei direttori degli Uffici catechistici diocesani (Salerno, 24 – 26 giugno) sul tema “La gloria di Dio è l’uomo vivente. Essere annunciatori e catechisti in Italia, oggi”. Al centro dei lavori – tappa di preparazione al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13 novembre) su “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo” – il “valore umanizzante dell’annuncio e della catechesi – spiega mons. Sartor -, la scommessa che l’incarnazione di Cristo rappresenta l’elemento fondativo della nostra fede, che la ricerca e l’attenzione all’umano non tolgono nulla alla reverenza dovuta a Dio o all’amore e all’ascolto della Scrittura”. All’incontro è intervenuto anche il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, con una relazione su “’Evangelii gaudium’ il Vangelo per l’esistenza umana”, ed è stata presentata in anteprima l’iniziativa “Arte-fede-catechesi”, sito web cui stanno attualmente lavorando diversi Uffici Cei, tra cui quello guidato da mons. Sartor, e che sarà messo in rete in contemporanea con l’appuntamento di Firenze. Subito dopo la conclusione dell’incontro salernitano, lo stesso 26 giugno si è aperto un percorso formativo per collaboratori della catechesi diocesana (fino al 28 giugno).
Quale filo unisce umanesimo e impegno di evangelizzazione?
“L’umanesimo è un elemento fondamentale della fede, che è fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo. La vita dell’uomo e della donna è il luogo in cui il Signore ha deciso di rivelarsi: chissà se Lo abbiamo davvero accolto fino in fondo e se sappiamo ‘portarlo’ agli altri. Il nostro segretario generale ci ha indicato che occorre guardare con attenzione, anzi scrutare, nelle pieghe dell’umano per abitarlo, nella consapevolezza che evangelizzare non è un aggiungere qualcosa a qualcosa, non è un’addizione progressiva ma uno scoprire la logica che il Signore ha stabilito fin dall’incarnazione”.
Il tema del convegno è stato declinato in maniera molto concreta sul filo degli atelier ispirati alle “cinque vie” di Firenze, la seconda delle quali è proprio “annunciare”…
“Un modo per verificare con la guida di alcuni esperti come nelle diverse situazioni di vita, anche nei momenti più dolorosi, il Signore non sia lontano, e come queste situazioni costituiscano, direttamente o indirettamente, dei richiami all’autenticità della vita e alla motivazione delle scelte. L’interrogativo da porsi è: in che misura il nostro annuncio interpella la vita reale? Quanto è ‘lontano’ o ‘vicino’ il nostro linguaggio? Dobbiamo tuttavia ammettere che non possiamo proporre una catechesi umanizzante se non siamo noi per primi persone, non dico umanamente risolte al 100%, ma almeno in cerca di crescere in umanità riconoscendo le nostre fragilità e i nostri limiti”.
Ad un anno dalla presentazione degli Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, “Incontriamo Gesù” (giugno 2014), quali risultati e prospettive emergono?
“Nell’odierno contesto pluriculturale e plurireligioso, sempre più complesso e in rapidissima e costante evoluzione, cambia molto il modo di fare catechesi. Dalle ‘risposte’ al documento affiorano l’esigenza di proposte di qualità per la formazione degli operatori e la necessità di una maggiore attenzione agli strumenti, dai catechismi della Cei ai mezzi di comunicazione, compresi i social. Lo scenario attuale ci chiede di ‘abitarne’ le contraddizioni incontrando persone a noi ‘vicine’ ma anche intercettando chiunque possa avere sete di senso, perché il Vangelo offre da questo punto di vista una formidabile proposta di verità e solide ragioni di speranza. A condizione che non ne venga offerta una versione contraddittoria, semplificata o afasica. Nell’annuncio, l’istanza dottrinale è e rimane irrinunciabile”.
Quali saranno le linee operative immediate e future?
“In questi giorni abbiamo colto che nelle diocesi esistono i presupposti per una ripartenza, un rilancio, e abbiamo tentato di ‘contagiare’ chi è quotidianamente in prima linea e deve necessariamente fare i conti anche con difficoltà, stanchezza, a volte delusioni. In base ai contesti emersi, formuleremo proposte da sottoporre alla nuova Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, guidata da mons. Monari, che definirà le linee di lavoro per il quinquennio. Sono convinto che il futuro dell’annuncio si giocherà molto sulla qualità dei ‘catechisti’ e degli evangelizzatori e quindi sulla loro formazione. Per questo già ieri abbiamo avviato un corso per 110 collaboratori diocesani: 55 nell’ambito della disabilità mentale (soprattutto disturbi dello spettro autistico), non per elaborare itinerari specializzati ma per una loro maggiore inclusione nei percorsi ‘normali’; l’altro ispirato al principio ‘formazione come trasformazione’. Vorrei aggiungere che tra i linguaggi dell’evangelizzazione e dell’educazione alla fede occorre valorizzare quello dell’arte e della bellezza, obiettivo di un progetto presentato qui in anteprima”.

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