Sono ancora migliaia le vittime a rischio di tratta in Italia. E non accenna a diminuire nemmeno lo sfruttamento a scopo di accattonaggio, un fenomeno che coinvolge migliaia di minori, per lo più stranieri. È quanto è emerso nella conferenza finale del progetto europeo “Il Terzo settore contro l’accattonaggio forzato”, che si è tenuta ieri a Roma. L’evento, promosso dal Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) con la collaborazione di numerose associazioni di volontariato europee, è stato l’occasione per fare il punto della situazione su fenomeni come lo sfruttamento e l’accattonaggio frutto della tratta. Insieme ad associazioni come Tampep Onlus, Eapn Portugal, l’Anti Poverty international center, l’Eapn Bulgaria e il Nobody’s Children Foundation di Varsavia, il Cnca ha condotto una ricerca per mappare il fenomeno nei vari Paesi europei. E i numeri, come spesso accade, non lasciano spazio ad interpretazioni.
Fenomeno complesso. Secondo Save the Children sono più di 4 milioni le vittime di tratta nel mondo, di cui l’80% è costituito da donne e bambini. Il giro di affari si aggira sui 10 miliardi di euro e coinvolge quasi 100 milioni di minori. Come sottolinea Isabella Mastropasqua, membro del dipartimento per la Giustizia minorile, sono proprio i minori quelli più esposti ad abusi e alla delinquenza, e sempre più frequenti sono i casi di bambini sfruttati dagli stessi familiari o da loro conoscenti. “L’accattonaggio è un fenomeno molto complesso e delicato – ha detto Mastropasqua durante il convegno – e non può essere affrontato soltanto con slogan o dichiarazioni banali. È arrivato il momento di avviare una profonda riflessione perché questo tema rappresenta un’emergenza non solo per il nostro Paese, ma per tutta l’Unione europea”. E di Europa si è parlato a lungo durante la conferenza, con le associazioni del terzo settore che hanno chiesto a gran voce un maggiore impegno da parte degli Stati membri per contrastare questa emergenza. “Occorre al più presto un piano europeo specifico che permetta di comprendere fino in fondo cosa vuol dire essere sfruttati e costretti a mendicare”, ha affermato il coordinatore generale del progetto, Stefano Carboni. “L’agenda europea sull’immigrazione ha fatto troppo poco fin qui, e l’Italia si trova a essere il Paese maggiormente esposto a fenomeni come questo”.
Un problema in forte crescita. “La nostra società sembra più interessata a combattere i poveri che la povertà. Sentiamo parlare ogni giorno di temi come l’accoglienza e l’immigrazione, ma quasi mai si discute veramente della centralità della persona”, ha commentato don Armando Zappolini, presidente del Cnca, l’associazione di promozione sociale cui aderiscono circa 250 organizzazioni italiane, fra cooperative sociali, associazioni di volontariato ed enti religiosi. Don Armando sa bene cosa vuol dire aiutare chi vive per strada, lui che il volontariato l’ha fatto praticamente da sempre: prima l’associazione Shalom, poi l’Azione Cattolica passando per Bhalobasa, la onlus che da trent’anni si occupa di sostegno a distanza. Da qualche anno è presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza ed è uno dei promotori più importanti di questo progetto: “Il fenomeno dell’accattonaggio è molto sottovalutato e appare in forte crescita” ma “il problema è che mancano ricerche adeguate sia a livello nazionale che internazionale, perché in molti continuano a credere che l’emergenza coinvolga solo gli stranieri e non gli italiani. Ma non c’è niente di più falso”.
Le città italiane. Grazie al progetto europeo “Il Terzo settore contro l’accattonaggio forzato”, adesso è possibile conoscere qualche dato in più su questi temi, anche se la complessità del fenomeno nasconde una realtà ben più ampia, che non rientra nelle statistiche ufficiali. Per l’Italia, l’indagine si è concentrata sui comuni di Firenze, Pisa, Perugia e Arezzo e sono state censite, in totale, 484 persone, di cui 360 maschi e 124 femmine. Secondo le cifre del report, la maggior parte delle persone incontrate opera nelle strade del centro città (45%), ma larga parte dei mendicanti si trova anche nelle strade periferiche (23%), in luoghi di transito (10,74%), nei centri commerciali e nei supermercati (9,5%), nei luoghi di culto (3,30%) e nei ristoranti e bar (3,20%). Quasi la metà delle persone censite si limita a chiedere soldi, ma l’altra metà offre qualcosa in cambio. È il caso dei venditori ambulanti (191 casi), dei mendicanti che chiedono la moneta del carrello (37), dei venditori di rose e fiori (18) oppure dei lavavetri (6).