A Karachi nel centralissimo quartiere di Saddar, le Figlie di San Paolo gestiscono una libreria che vende catechismi, bibbie e altri testi religiosi. Tra loro suor Daniela Baronchelli, 83 anni, originaria di un piccolo paesino del Bresciano. Ha vissuto per oltre 25 anni in Africa e poi, a metà degli anni Ottanta, si è trasferita in Pakistan, prima a Lahore e poi a Karachi. “Vendere Bibbie, catechismi e soprattutto audiovisivi in un quartiere come questo è pericolosissimo – ci spiega – ma abbiamo scelto questa zona perché è molto frequentata e vicina alla cattedrale di Karachi”. Le minacce sono all’ordine del giorno. Oltre ai libri, le religiose vendono filmati e immagini dei profeti, il cui possesso è proibito dal Corano. “Molto spesso i talebani fanno circolare dei biglietti con scritto: ‘O chiudete o morirete’. Ciò che ci dicono è tremendo, ma noi continuiamo con pace e amore la nostra missione. Siamo coscienti del pericolo, ma è un rischio che si estende a tutta la cristianità. Perché oggi, in Pakistan, possiamo parlare apertamente di persecuzione”. Nel 2005 la polizia ha effettuato un raid nella libreria, dopo che sul quotidiano nazionale “Nawa-I-Waqt” degli estremisti locali avevano accusato i cristiani di vendere cd contenenti caricature della morte di Maometto. Alcuni leader musulmani avevano, perfino, emesso una fatwa – verdetto di condanna – contro i filmati e chiesto l’apertura di una causa per blasfemia. Da allora, il governo ha posto una guardia davanti al negozio, che però finisce per attirare ulteriormente l’attenzione.
Le postine di Dio. La presenza della libreria è fondamentale per la piccola comunità cristiana, poiché quello gestito dalle Paoline è l’unico centro di distribuzione della Bibbia cattolica. “Una grande gioia per noi che siamo le suore della Bibbia, le postine di Dio”. Purtroppo però le enormi difficoltà economiche rendono proibitivo per i fedeli, perfino, l’acquisto di un semplice libro. “La povertà qui sta diventando miseria. I cristiani non trovano lavoro perché discriminati e le famiglie non hanno neanche i soldi per comprare da mangiare o per mandare i figli a scuola”. Grazie al contributo di alcuni benefattori – tra cui la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre – le religiose possono vendere le Bibbie a sole 10 rupie (8 centesimi di euro). “Così possiamo sostenere la forte fede dei cristiani pachistani e abbiamo raggiunto tanti bambini e tante famiglie”. Anche tra cristiani vi è molta solidarietà e la religiosa racconta come qualche anno fa, quando vi fu il pericolo che le Bibbie fossero proibite in Pakistan, i cristiani ne comprarono un bel numero da donare ai più poveri”.
L’apostolato nelle periferie. Suor Daniela e le sue consorelle pachistane visitano regolarmente le parrocchie delle diverse “basti” – le grandi periferie di Karachi – per insegnare il catechismo ai bambini e spiegare alle mamme l’importanza di educare i propri figli alla fede. “Ammiro molto queste donne. Sono mamme dal cuore grande e con una capacità di soffrire inimmaginabile”. Le Paoline raccolgono anche aiuti per le famiglie più povere e numerose. “Sono contenti del sostegno economico, ma i sorrisi più grandi li ricevo quando dico che in Italia c’è chi prega per loro. Allora sanno di essere amati, non solo perseguitati”. Il grande impegno delle suore è riuscito ad avvicinare anche molti musulmani alla comunità cristiana, tuttavia il loro apostolato non è ben visto dalla maggior parte della comunità islamica, che lo interpreta come una forma di proselitismo. Per maggiore sicurezza, le suore sono costrette a vestire alla pachistana: un tipico abito shalwar kameez celeste e uno scialle bianco, la “dupatta”, che per strada usano per coprire il capo. “In realtà tutti sanno chi siamo”, precisa suor Daniela, raccontando di quel giorno in cui non si era accorta che la sua croce sporgesse dal vestito. “Fortunatamente un musulmano che mi conosceva mi ha avvertita subito dicendomi ‘state attenta sorella, per voi quella croce è una testimonianza, ma dalla mia gente è vista come un’accusa’. È vero qui non si scherza. Una parola può essere ritenuta una bestemmia. E una bestemmia è causa di morte”. Ma nonostante i pericoli e le minacce, suor Daniela ama profondamente il Pakistan, ormai la sua terra d’adozione. “Amo questa cara gente. Mi sento una di loro e mi sento con loro. È in questa terra che offro con amore e con grande gioia, non soltanto la mia attività pastorale, ma tutta la mia vita”.