di Thomas Jansen – Sir Europa (Germania)
Il momento è arrivato. I capi di Stato e di governo devono ricordarsi che la coesione dell’Unione europea, basata sulla solidarietà, è nel loro comune interesse, ma anche nell’interesse dei singoli Paesi. Dovrebbero fare tutto quanto in loro potere per rinnovarla e per renderla irreversibile attraverso una maggiore integrazione politica. Uno sguardo a quanto sta accadendo in Grecia dovrebbe richiamare la drammaticità della questione.
Nel frattempo i presidenti delle istituzioni europee – Parlamento, Consiglio, Commissione, Banca centrale – e l’Eurogruppo hanno presentato ai capi di Stato e di governo nel Consiglio europeo del 25 giugno proposte condivise per l’ampliamento e il completamento dell’Unione economica e monetaria. Si tratta di un piano a fasi da realizzare nei prossimi dieci anni che creerebbe le condizioni per passare a un’unione politica federale e democratica.
Si tratta di una buona iniziativa, in contrasto con la tendenza che ha avuto il sopravvento negli ultimi dieci anni di attribuire alla disciplina comunitaria meno valore che agli interessi nazionali, assoldati all’egoismo a scapito della solidarietà. Questa tendenza si manifesta, tra l’altro, in una perdita di significato dei processi decisionali democratici e comunitari nel quadro delle istituzioni europee poiché dà la precedenza alla cooperazione diplomatica e intergovernativa e agli accordi tra i governi. Ciò contraddice profondamente lo spirito che ha connotato la fondazione della comunità europea.
Il risultato è una negazione della solidarietà, che in questi giorni – in relazione al flusso di rifugiati provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente – si esprime soprattutto nella incapacità di accordarsi su una vera e propria politica europea migratoria e di asilo e della conseguente ripartizione di responsabilità e oneri.
Il rifiuto alla solidarietà si mostra anche se i singoli Stati membri dell’Unione monetaria europea infrangono a propria discrezione regole che sono irrinunciabili per il corretto funzionamento della moneta unica e che erano state concordate insieme.
Tuttavia, nella storia dell’integrazione non si era ancora mai verificato da parte del governo di uno Stato membro un attacco così violento alla solidarietà e a tutte le altre disposizioni generali e ai principi della politica di unificazione, come avvenuto con il comportamento dell’esecutivo greco in carica da gennaio. Nel corso degli ultimi cinque mesi, questo governo non ha perso occasione, in una miscela di cecità ideologica e arroganza nazionalista, di violare i comandamenti della correttezza e affidabilità nei confronti dei partner.
Le ragioni degli sviluppi negativi che foraggiano la crisi attuale sono naturalmente varie. Ad esempio, non si era riusciti prima dei grandi allargamenti geografici dell’Unione negli anni ‘90 e 2000 a occuparsi del consolidamento della coesione politica attraverso il rafforzamento dei sistemi istituzionali. A ciò va aggiunto il fatto che a questi allargamenti, che hanno riguardato Austria, Svezia, Finlandia, e poi Malta, Cipro e un gran numero di Stati dell’Europa centro-orientale, si è arrivati troppo in fretta. Non tutti i candidati mostravano i requisiti necessari per un’appartenenza attiva e responsabile nell’Ue.
Particolarmente pesante è stato anche il fatto che alcuni Paesi membri che sarebbero stati in condizione e quindi vincolati all’idea comunitaria, si sono opposti alla introduzione della moneta unica. Ciò ha portato a una spaccatura all’interno dell’Unione che si è acuita nel tempo. Anche le altre disposizioni speciali che sono state concesse in particolare alla Gran Bretagna hanno agito contro la coesione della comunità.
Un ulteriore elemento che ha generato tensioni è stato l’errore di progettazione dell’unione monetaria, avviato senza che fosse collocato nel contesto di una unione economica e anche senza la cornice di una unione politica, che avrebbero reso possibili uno sviluppo uniforme nella zona euro. Per questo è così importante la citata iniziativa dei presidenti per lo sviluppo dell’Unione economica e monetaria. Tuttavia, la proposta di “spalmare” le riforme in un piano graduale per un periodo di dieci anni non è sufficiente. Rispetto alle esperienze attuali con la Grecia, non si prende in considerazione l’urgenza di completare l’Unione economica e monetaria per non parlare della necessità di costruire al più presto l’unione politica.
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