X

A tu per tu con il Vescovo Mons. Giovanni D’Ercole

ASCOLI PICENO- “Saper sostare nel silenzio e di aver Dio come unica ricchezza…” Abbiamo avuto il piacere di dialogare con Mons.Giovanni D’Ercole, Vescovo di Ascoli Piceno e conduttore su Rai 2, intervenuto al secondo Meeting Nazionale dei giornalisti cattolici su «Comunicare Dio: lo sguardo cristiano della notizia».

MS: Mons. D’Ercole, prima di essere vescovo lei è un sacerdote e grande comunicatore. Conduttore del noto programma televisivo “Sulla via di Damasco” è considerato un esperto in fatto di relazione. Nel suo intervento al meeting nazionale dei giornalisti cattolici si è soffermato sulle modalità della comunicazione, attraverso relazioni autentiche. Può raccontarci la sua testimonianza ai giornalisti cattolici?

Ho raccontato la mia esperienza e ho imparato che comunicare significa spogliarsi sempre di più per arrivare all’essenziale. Non sono essenziali le parole, le parole nascondono la comunicazione. Esiste una dimensione più profonda nella comunicazione, che è qualcosa che è impercettibile e che sfugge alla pura logica, ma che è ben raccolto sul piano dell’intuizione. Ai tempi nostri la comunicazione diventa sempre un fatto intuitivo che trasmette emozioni e vivere una profonda emozione significa vivere quello che uno dice. Il comunicare significa comunicare se stessi e quindi uscire da se stessi per arrivare verso l’altro, comunicare in fondo significa donare se stessi. Attraverso questo dono si crea una relazione.

MS: Lei nell’omelia ha parlato della comunicazione e comunicare significa amare, come si fa allora ad amare?

Le spiego con un esempio. Le prime volte, quando registravo in uno studio televisivo dove non c’erano spettatori e c’erano solo le telecamere, io mi dicevo che non potevo far finta di parlare senza che vi fossero delle persone. Allora incominciai a pensare ad una persona in particolare e quando parlavo facevo finta di rivolgermi a lui. Di volta in volta ho imparato che comunicare, anche di fronte a un gruppo di persone, significa rivolgersi ad una persona che ha un volto e ha una storia e quando comunichi significa rivolgersi a quella persona che ha un certo vissuto e una sua storia. Questa capacità di comunicare significa amare e quindi l’amore significa dare te stesso per arrivare all’altro in maniera gratuita, senza  delle volte ricevere altrettanto. L’amore è la capacità di sviluppare te stesso per donare te stesso all’altro. Se comunichi qualcosa che non riguarda te stesso si corre il rischio di non  arrivare all’altro.

MS: Che cosa si sente di dire, in questi momenti di crisi non solo economica ma anche dell’animo a noi giovani?

Per quanto riguarda me, parlare ai giovani è una cosa che mi affascina di più; perché io credo che i ragazzi di oggi abbiano una grande sete di ascolto e di comunicazione. Spesso si parla dei giovani, ma il più delle volte non si parla a loro cuore, occorre parlare di loro. Ma come si fa a parlare di loro? Occorre parlare della tua esperienza e nella misura in cui tu parli di te stesso significa che tu non stai impartendo una lezione, ma sei un padre o un amico che si apre ad una relazione in cui gratuitamente ti doni verso l’altro e speri che lui possa fare lo stesso.

 

Marco Sprecacè:

View Comments (2)

  • Carissimo Mons. Giovanni D'Ercole, con le Sue sapienti risposte mi ha portata a capire che il comprendersi l'un l'altro è innanzi tutto stabilire una sintonia di intenti; un'intima relazione fraterna che porta a condividere non solo un ideale umano ma, anche e soprattutto, il sapersi ascoltare e guardarsi dentro, porta a condividere un fine spirituale che diventa indispensabile per un cammino di edificazione comune. Spero di avere compreso in modo giusto ciò che ha voluto trasmettere.
    Grazie, Adele.

  • Mi ha ispirato molto leggendo le sue spiegazioni sui ragazzi, e sulla comunicazione mi ha fatto molto bene la ringrazio.
    Un caro saluto sua eccellenza.
    Firmato
    Marco Fozzi