Sono già vincitori prima ancora di scendere in campo, protagonisti di un grande sogno che sta per realizzarsi perché non esistono barriere per chi ha volontà, entusiasmo, passione, e lo sport costituisce una straordinaria opportunità di inclusione e superamento del proprio limite. Oltre che del muro dei pregiudizi altrui. Il 21 luglio voleranno a Los Angeles i 101 atleti della squadra italiana Special Olympics per partecipare ai World Games (La 2015) in programma dal 25 luglio al 2 agosto. La delegazione italiana (101 atleti, 39 tecnici e tre delegati regionali) parte grazie alle libere donazioni di testimonial dello sport, dello spettacolo, della cultura, e di semplici cittadini che hanno aderito alla campagna di raccolta fondi #IoAdottoUnCampione, lanciata alcuni mesi fa sui social network per coprire i costi non indifferenti della trasferta americana e diventata in breve tempo virale. A misurarsi in venti discipline – tra cui atletica, calcio a 5 e a 7, equitazione, ginnastica artistica, nuoto, pallacanestro, pallavolo, tennis – saranno 7mila campioni “speciali” di 170 nazioni, accompagnati da 3mila tecnici; 30mila i volontari impegnati. Previsti 500mila spettatori. Alla cerimonia di inaugurazione parteciperà anche la fisrt lady Michelle Obama. Fondato nel 1968 da Eunice Kennedy, Special Olympics (www.specialolympics.org) è un programma internazionale di allenamenti e competizioni atletiche per persone con disabilità intellettiva, riconosciuto dal Comitato olimpico internazionale e con progetti adottati in oltre 170 Paesi.
La vittoria più grande. Tra gli azzurri chiamati a tenere alta la nostra bandiera c’è Raffaele Stanchi, 40 anni, giocatore di basket nel Gruppo sportivo disabili di Limbiate. “Special Olympics ha riempito il mio tempo – racconta -. Quando riesco a dare il massimo sono sempre soddisfatto di me, spero tanto di poter vincere una medaglia ai mondiali e, in futuro, di sposarmi”. Raffaele desidera, un giorno, fare sport unificato, e il suo sogno potrà avverarsi già a Los Angeles, dove atleti con e senza disabilità giocheranno insieme nella stessa squadra a basket, calcio e pallavolo. E c’è anche chi si lancia in nuove sfide, come la ventiseienne Paola Lazzarini, che dopo avere dedicato i primi vent’anni della sua vita al nuoto, da cinque gioca a tennis. In questa disciplina ha già partecipato a diverse competizioni nazionali e gareggerà a La2015. “Al di là del riuscire a conquistare la medaglia d’oro, metterò in gioco tutte le mie capacità e forze – assicura -. La convocazione ai mondiali è già per me una grande vittoria”. A raccontare la storia di Sofia Fugazzotto, 21 anni, affetta da un disturbo della sfera affettivo-relazionale con un lieve ritardo cognitivo e atleta nella pallavolo unificata, sono i genitori che ne ripercorrono la strada irta di difficoltà, incomprensioni, pregiudizi (a volte anche da parte degli insegnanti), ed esclusione. Ora, grazie allo sport, Sofia è “cresciuta”, è diventata “Giovane leader Special Olympics” e ha terminato gli esami di maturità. Ha la sindrome di Asperger, Marcello Lorandi, anche lui appassionato di basket. “Con l’aiuto degli allenatori, dei partner e anche dei suoi compagni – confida il papà evocando le difficoltà di una malattia che “impegna” tutta la famiglia – Marcello si è integrato perfettamente nella squadra, arrivando ad essere un regista e una sorta di leader per gli altri compagni”. Ed ora il “sogno” della convocazione: “una sorpresa inaspettata e meravigliosa”. Paola Giorgetta, 23 anni, con la sindrome di Down, ha manifestato la propria passione per il nuoto già a otto mesi. Al padre che le spiegava, su sua richiesta, la causa della sua statura più bassa rispetto ai coetanei, ossia un cromosoma in più, replicava: “Papà perché non lo buttiamo?”. Si emozionano i genitori di Paola dicendo che la figlia “ha spiccato il volo”. Molti, insieme a loro, nel paesino di Montemitro (Campobasso) la guarderanno in tv facendo il tifo per lei.
Oltre l’ostacolo. Di sport come “strada” per scoprire le proprie “potenzialità” e “amare la vita” con tutti i suoi limiti e “soprattutto nei suoi lati belli”, aveva parlato lo scorso 19 giugno Papa Francesco ricevendo gli “azzurri” in udienza privata. Il Pontefice aveva sottolineato l’importanza di “custodire e difendere lo sport come esperienza di valori umani” e “di competizione nella lealtà, nella solidarietà”, rifuggendo la “falsa cultura sportiva” del “successo economico, della vittoria ad ogni costo, dell’individualismo”. In risposta, il giuramento di questi atleti davvero speciali: “Che io possa vincere, ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze”. Campioni nello sport ma prima ancora nella vita, Campioni non perché non cadono mai, ma perché si rialzano in fretta e spesso lo fanno diventando più forti dopo la sconfitta. E non si stancano di gettare il cuore oltre l’ostacolo.
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