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Indios, l’umile richiesta del perdono

Di Fabio Zavattaro
L’arrivo di Papa Francesco in Paraguay è stato accompagnato da elementi che hanno portato alla memoria gli anni delle reducciones, cioè delle piccole comunità create dai missionari della Compagnia di Gesù per avvicinare gli indios. Musiche e danze hanno riproposto la cultura di questi popoli. Una cinquantina di indios sono giunti dal nord del Paraguay a bordo di barche dopo una navigazione di molte ore, proprio per essere accanto al Papa che chiede siano rispettati i diritti delle popolazioni autoctone.
L’esperienza delle reducciones venne forzatamente messa a tacere, per interessi economici dei Paesi conquistatori, in modo particolare Spagna, soprattutto, e Portogallo, con l’allontanamento dei gesuiti dai territori nel 1767. In queste comunità le popolazioni guarany vivevano mettendo da parte la tradizionale prospettiva della vita nomade. Il più strenuo difensore della causa degli indios e, nello stesso tempo, il più implacabile accusatore dei crimini commessi dai conquistadores è stato Bartolomeo de Las Casas. Nel 1539 Las Casas scrive la Brevissima relaciòn de la destruycion de las Indias: un pesante atto di accusa nei confronti dei popoli spagnoli e della loro conquista dell’America del sud. Tra l’altro, si legge di angustie, ingiustizie, fatiche, vessazioni e continue persecuzioni che i popoli guarany hanno vissuto, e le hanno superate con pazienza e allegria. Las Casas scrive anche di uomini guarany che, persa la speranza di un cambiamento, hanno preso la decisione di uccidersi.
Papa Francesco, nel discorso pronunciato ai Movimenti popolari, chiede perdono perché “si sono commessi molti e gravi peccati contro i popoli originari dell’America in nome di Dio”. Come già fece Giovanni Paolo II, Francesco chiede “umilmente perdono” non solo per le offese, ma anche “per i crimini contro le popolazioni indigene durante la cosiddetta conquista dell’America”.
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