Oggi Dolo e tutta la Riviera del Brenta si fermano. È il giorno dei funerali di Claudio Favaretto, unica vittima del cataclisma che mercoledì 8 luglio si è scatenato su questo fazzoletto di terra veneta. Il lutto cittadino e il minuto di silenzio indetto dal sindaco Alberto Polo per le 10, proprio mentre iniziavano le esequie nella frazione devastata di Sambruson, hanno l’effetto di riportare tutti, anche i cittadini di Cazzago, frazione di Pianiga, l’altro centro distrutto, con la mente a sei giorni fa. I lavori frenetici per ripristinare l’ordine e sottrarre alla vista i segni del disastro lasciano spazio alla rielaborazione di quanto è accaduto. “Ora Cazzago si presenta come un laborioso cantiere aperto curando con sollecitudine le proprie ferite e tentando di rialzarsi nel migliore dei modi – ha scritto in una lettera aperta alla sua comunità il giovane parroco, don Davide Zaffin -. Mentre riconosciamo nella solidarietà reciproca, nei gesti di attenzione e premura, la storia più bella che in questi giorni abbiamo saputo scrivere, sappiamo anche riconoscere nella disgrazia la mano di Dio che ci ha preservato dal piangere numerose probabili vittime e gravi feriti”.
Le proporzioni del disastro. Avvezzi a piogge torrenziali (Refrontolo 2014), esondazioni (Vicenza 2010), frane (Cadore ripetutamente, anche in questi giorni) e terremoti (quello dell’Emilia ha provocato danni fino al centro di Padova), i veneti hanno conosciuto dunque anche il tornado. Quello di mercoledì scorso, di categoria F2 sulla scala Fujita, con venti a oltre 200 chilometri all’ora ha scavato un solco impressionante di dieci chilometri sul terreno. Dalle 17.20 per mezz’ora nei paesi attraversati dal cono oscuro si sono viste scene di panico, piante divelte, tetti scoperchiati e case letteralmente distrutte. Il bilancio parla di 82 feriti (7 ancora in osservazione), un solo morto (un miracolo vista la portata dell’evento), 500 edifici danneggiati (almeno 100 andranno abbattuti), tra cui 15 ville venete, e 300 automobili da rottamare. Proprio oggi inizia la fase di post-emergenza. Le funzioni principali di protezione civile passano ai Comuni e comincia così la conta dei danni. Il governatore Zaia, aprendo ieri il Consiglio regionale, ha parlato a spanne di cento milioni di euro. Sei quelli già stanziati dalla Regione, altre risorse arriveranno dal Governo dopo che Matteo Renzi, ha garantito il riconoscimento dello stato di emergenza.
Una lezione di solidarietà. Attraversando le vie distrutte dei due paesi si respira la paura, scaturita dalla presa di coscienza di quanto si è rischiato, e insieme l’ansia di ripartire, di riprendere possesso della propria vita e dei propri spazi: “Nella comunità si percepisce chiara la compostezza e il senso della dignità da parte di tutti specie di chi ha perso la propria casa”, racconta don Amelio Brusegan, parroco di Sambruson, che fin dal primo minuto ha messo a disposizione il centro parrocchiale per eventuali sfollati. In soccorso sono arrivati moltissimi volontari, soprattutto giovani. Centinaia di ventenni ribattezzati “gli angeli delle macerie”, giunti sul posto spontaneamente: una rete di solidarietà nata dal nulla su Facebook. A Cazzago la parrocchia, grazie alla mobilitazione del circolo Acli, è stata da subito a fianco della protezione civile nel preparare e rifocillare i quasi mille volontari che hanno affiancato le 47 squadre di protezione civile. Così sono state ripulite le strade, i cortili privati, i detriti sono stati differenziati per essere smaltiti al meglio e gli alberi divelti ridotti a legna da ardere. Ma soprattutto ci si è messi in ascolto delle persone. “Ciascuno ha una storia particolare da raccontare di quel pomeriggio e dei giorni a seguire – ha scritto ancora don Davide -. Sono storie che tutti abbiamo sentito davanti a case in rovina e un paese dilaniato, spesso accompagnate da lacrime amare e da preoccupazioni serie per il futuro”.
I cantori tra le macerie. Ma la disperazione non ha mai preso il sopravvento, nemmeno nella famiglia di Nerio Causin, organista di Sambruson e direttore della corale di Sant’Ambrogio. Nei giorni immediatamente successivi la tragedia si è ritrovato tutti i “suoi” 70 cantori di fronte alla sua abitazione, tra le più colpite, pronti a dare una mano. “Ho visto molte volte fatti come questo alla tv – racconta – e mai avrei immaginato di viverlo in prima persona…”. L’8 luglio, Causin stava rientrando dal lavoro quando il tornado si è scatenato. “Per fortuna in casa non c’era nessuno. Il primo piano, dove vive mia figlia con la sua famiglia, non esiste più. Nella stanza di mio nipote oltre al tetto ha ceduto anche il solaio”. Le autorità insistono perché Causin lasci casa sua, dichiarata inagibile. Per lui e i suoi cari è pronta una stanza d’albergo, ma lui non si fida. “Abbiamo chiamato noi stessi i carabinieri perché avevamo notato due sciacalli in una casa vicina. I movimenti sospetti sono iniziati subito: fin dal giorno dopo la tragedia sono sparite grondaie in rame da alcuni edifici della zona”.
La colletta della Chiesa di Padova. “In questo momento in cui l’emergenza è finita, il vero problema è economico – aggiunge don Zaffin -. Le famiglie colpite devono far fronte a mutui, altri hanno perso l’automobile necessaria per andare al lavoro, altri ancora devono ricomprare tutto il mobilio di casa. Si tratta di spese che non tutti possono affrontare”. Per questo la diocesi di Padova, di cui fanno parte le aree attraversate dal tornado, ha organizzato per domenica 19 luglio in tutte le parrocchie una colletta straordinaria in favore delle popolazioni della Riviera del Brenta. Per contribuire: www.caritaspadova.it (causale “emergenza tornado Riviera del Brenta”).