“L’Italia, l’Europa e il mondo in questi due secoli sono molto cambiati, ma l’anima dei giovani non lo è: anche oggi i ragazzi e le ragazze sono aperti alla vita e all’incontro con Dio e con gli altri, ma ce ne sono tanti a rischio di scoraggiamento, di anemia spirituale, di emarginazione”. Con questa osservazione inizia la lettera che Papa Francesco ha rivolto ai salesiani, nel bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco. Proprio il Santo “ci insegna anzitutto a non stare a guardare, ma a porsi in prima linea, per offrire ai giovani un’esperienza educativa integrale che, saldamente basata sulla dimensione religiosa, coinvolga la mente, gli affetti, tutta la persona, considerata sempre come creata e amata da Dio”. Da qui deriva “una pedagogia genuinamente umana e cristiana, animata dalla preoccupazione preventiva e inclusiva, specialmente per i ragazzi dei ceti popolari e delle fasce marginali della società, ai quali offre anche la possibilità dell’istruzione e di apprendere un mestiere, per diventare buoni cristiani e onesti cittadini”. “Operando per l’educazione morale, civile, culturale dei giovani”, Don Bosco ha agito “per il bene delle persone e della società civile, secondo un progetto di uomo che coniuga insieme allegria-studio-preghiera, o ancora lavoro-religione-virtù”. Di tale cammino “fa parte integrante la maturazione vocazionale”.
“Come Famiglia salesiana siete chiamati a far rifiorire la creatività carismatica dentro e oltre le vostre istituzioni educative, ponendovi con dedizione apostolica sui sentieri dei giovani, particolarmente di quelli delle periferie”, osserva il Papa, che auspica: “Don Bosco vi aiuti a non deludere le aspirazioni profonde dei giovani: il bisogno di vita, apertura, gioia, libertà, futuro; il desiderio di collaborare alla costruzione di un mondo più giusto e fraterno, allo sviluppo per tutti i popoli, alla tutela della natura e degli ambienti di vita”. Sul suo esempio, “li aiuterete a sperimentare che solo nella vita di grazia, cioè nell’amicizia con Cristo, si attuano in pieno gli ideali più autentici. Avrete la gioia di accompagnarli nella ricerca di sintesi tra fede, cultura e vita, nei momenti in cui si prendono decisioni impegnative, quando si cerca di interpretare una realtà complessa”. Francesco segnala in particolare due compiti: “Il primo è quello di educare secondo l’antropologia cristiana al linguaggio dei nuovi mezzi di comunicazione e delle reti sociali, che plasma in profondità i codici culturali dei giovani, e dunque la visione della realtà umana e religiosa; il secondo è promuovere forme di volontariato sociale, non rassegnandosi alle ideologie che antepongono il mercato e la produzione alla dignità della persona e al valore del lavoro”.
“Essere educatori che evangelizzano è un dono di natura e grazia, ma è anche frutto di formazione, studio, riflessione, preghiera e ascesi”, rileva il Pontefice. Oggi più che mai, aggiunge, “di fronte a quella che il Papa Benedetto XVI più volte ha indicato come ‘emergenza educativa’, invito la Famiglia salesiana a favorire un’efficace alleanza educativa tra diverse agenzie religiose e laiche per camminare con la diversità dei carismi a favore della gioventù nei diversi continenti”. In particolare, il Santo Padre richiama “la inderogabile necessità di coinvolgere le famiglie dei giovani. Non vi può essere infatti un’efficace pastorale giovanile senza una valida pastorale familiare”. Secondo il Papa, “il salesiano è un educatore che, nella molteplicità delle relazioni e degli impegni, fa risuonare sempre il primo annuncio, la bella notizia che direttamente o indirettamente non può mai mancare”. Dunque, “essere discepoli fedeli a Don Bosco richiede di rinnovare la scelta catechistica che fu suo impegno permanente, da comprendere oggi nella missione di una nuova evangelizzazione”. “Questa catechesi evangelizzatrice – conclude Francesco – merita il primo posto nelle istituzioni salesiane, e va realizzata con competenza teologica e pedagogica e con una trasparente testimonianza dell’educatore”.
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