Gli effetti della crisi non hanno risparmiato nessuno, nemmeno le imprese sociali: negli ultimi otto anni, infatti, è raddoppiato il numero di quelle in difficoltà e si è dimezzato quello delle organizzazioni che presentano dati economici in crescita. È quanto emerge dal nono rapporto dell’Osservatorio Isnet sull’impresa sociale in Italia, presentato pochi giorni fa alla Camera dei Deputati. Nata nel 2007, l’Isnet è un’associazione che dialoga con una rete di oltre 1200 imprese sociali per promuovere lo sviluppo dell’economia sociale nel nostro Paese. Attraverso il lavoro del suo osservatorio, l’associazione offre una rassegna sintetica degli studi e delle analisi dedicate a queste imprese per monitorare l’andamento e le performance delle organizzazioni.
Elementi di speranza. Il quadro delineato in questa edizione 2015, però, non è totalmente negativo. Se si tralasciano i dati relativi al lungo periodo (cioè dal 2007 a oggi, quando si sono dimezzate le organizzazioni in fase di sviluppo), si scopre che negli ultimi tre anni sono progressivamente aumentate le imprese sociali in crescita e sono diminuite quelle in difficoltà. Un dato che fa ben sperare sulla tenuta del settore, capace di resistere alla crisi e di mantenere buoni livelli occupazionali. L’edizione di quest’anno, infatti, oltre a confermare la natura imprenditoriale di queste associazioni, disegna un quadro molto incoraggiante anche per quanto riguarda l’occupazione: secondo i dati del rapporto, soltanto il 24% delle imprese sociali e il 19% delle cooperative rischiano di diminuire il personale retribuito; per tutte le altre, invece, rimarrà invariato o aumenterà. Rispetto all’ottava edizione, inoltre, sono aumentate di oltre cinque punti percentuali le organizzazioni in crescita e quasi la metà del campione ha dichiarato un andamento stabile per tutto il 2015. Si tratta di segnali incoraggianti, dunque, che confermano, in tempi di crisi, una grande capacità d’innovazione delle imprese sociali.
Valore sociale. Un dinamismo confermato anche dalla buona capacità di tenuta sui mercati, con il 62% delle imprese che dimostra un andamento economico stabile o in crescita. “Gli ottimi risultati a livello occupazionale, che spesso vanno a discapito del risultato economico, confermano il prezioso valore sociale di queste imprese”, afferma Laura Bongiovanni, presidente dell’associazione Isnet e responsabile dell’Osservatorio. “Ma è ora che queste organizzazioni diano più evidenza al proprio impatto sociale – avverte la presidente dell’Isnet – utilizzando al meglio gli strumenti di controllo dei risultati sociali. Non basta più fare del bene: occorre dire in che modo si opera e, soprattutto, darne notizia. Queste imprese fanno tanto per la comunità e, se vogliono essere competitive, devono attrezzarsi per mettere in risalto la loro utilità sociale”. Segnali positivi per l’economia sociale arrivano anche dagli investimenti: nell’ultimo anno, oltre il 40% delle imprese sociali ha investito nella produzione di nuovi prodotti e servizi e più dell’80% ha speso fondi per processi di riorganizzazione interna. E per il prossimo futuro, si legge nel dossier, il 30% delle imprese sociali prevede nuovi investimenti.
Interesse sulla riforma del terzo settore. Insieme all’associazionismo e al volontariato, il mondo dell’impresa sociale contribuisce in maniera forte allo sviluppo del terzo settore, come confermano i numeri forniti dal dossier. E proprio la riforma del terzo settore rappresenta una delle novità più rilevanti dell’edizione 2015 del rapporto Isnet. L’indagine, infatti, ha interrogato un campione di imprese sociali sul livello di conoscenza della riforma del terzo settore, che in questi giorni è in discussione al Senato. E i risultati dimostrano che i lavoratori delle imprese e cooperative sociali sono ampiamente informati sul dibattito che riguarda la nuova legge al vaglio del Parlamento. Più dell’80% delle organizzazioni intervistate, infatti, ha dichiarato di conoscere e seguire la discussione: in particolare, tra le imprese sociali, le organizzazioni più attente alla questione sembrano essere le fondazioni, le associazioni e le cooperative sociali. Riguardo i temi al centro della discussione, emerge un generale accordo sul disegno di legge delega, ma larga parte degli intervistati ha espresso due elementi di criticità: il primo concerne la possibilità per le imprese sociali di distribuire utili entro certi limiti, il secondo il fatto che le cariche all’interno di un’impresa sociale vengano svolte da imprese profit o enti pubblici.