I modi per convincere gli sposi a non avere il secondo figlio sono stati i più diversi: da quelli benevoli, con agevolazioni sul lavoro, fiscali e nei servizi, a quelli più pesanti con minaccia di licenziamenti, arresti o addirittura incarcerazione per quanti avevano due o più figli. Per non parlare di aborti forzati e abusi sulle donne “disobbedienti”, di cui sono trapelate rare notizie. Insomma, la Cina nel bene e nel male si conferma un Paese misterioso, con cui fare i conti e che oggi si trova di fronte a esiti demografici che forse i suoi stessi governanti non avevano immaginato negli anni ‘80, quando decisero la linea del “figlio unico”. Infatti, un primo fattore che sembra aver indotto il ripensamento e l’apertura al secondo figlio è rappresentato dall’elevato numero di maschi rispetto alle femmine: negli ultimi decenni, per sistematici aborti selettivi oltre che per fattori culturali, sono nati in Cina mediamente 118 maschietti contro 100 femminucce. Il divario è statisticamente fortissimo, considerato che a livello mondiale la popolazione vede 107 femmine ogni 103 maschi. Il risultato è che i governanti cinesi sono alle prese con oltre 40 milioni di maschi adulti che non riescono materialmente a trovare moglie, scapoli forzati mentre la popolazione – per via del figlio unico – invecchia rapidamente. Proseguendo così, entro 20-30 anni la Cina verrebbe a trovarsi in un imbuto demografico con una marea di anziani e pochissimi giovani che lavorano per sostenerli e sostenere il sistema sociale ed economico.
A motivare questa svolta epocale per la Cina è anche il rischio di un’esplosione della “bolla” immobiliare, anticipato dai crolli ormai poderosi della borsa di Shangai, che in poche settimane ha perso oltre il 30% (dopo però aver guadagnato il 100% negli ultimi due anni). Insomma la Cina è alle prese con un problema enorme di gestione complessiva delle proprie risorse, sia umane sia economiche, ed è singolare che il partito comunista non traballi. Anzi il regime sta pianificando operazioni epocali quali la creazione della cosiddetta “Super Pechino”, una mega-città di 130 milioni di abitanti dove verranno spostati tutti i palazzi del potere, mentre la vecchia Pechino rimarrà centro culturale, turistico e del terziario high-tech. La nuova capitale avrà una superfice pari a un terzo dell’Italia, ospiterà linee ferroviarie da 300 km l’ora, decine di metropolitane, quartieri grandi come tutte le città italiane messe insieme e zone di sviluppo industriale, produttivo, della logistica e trasporti. Insomma, la Cina si appresta a stupire ancora una volta il mondo e a noi occidentali, abituati a numeri più piccoli e ai valori tradizionali della famiglia, della piccola impresa artigianale, del negozietto “sotto casa”, delle città di provincia a misura d’uomo tutto ciò lascia un senso di sgomento, sicuramente di stupore.