Un crollo vertiginoso e continuo. Così si presentano i numeri delle adozioni internazionali in Italia. 4.130 bambini d’origine straniera adottati nel 2010, 4.022 nel 2011, ma poi 3.106 nel 2012 e 2.825 nel 2013. Fin qui i dati ufficiali della Commissione adozioni internazionali (Cai), che da quasi due anni, però, tace (l’ultimo Rapporto statistico sul sito istituzionale arriva al 31 dicembre 2013), e allora ecco le proiezioni elaborate da “Amici dei bambini” (Aibi) sulla scorta dei numeri forniti dagli enti autorizzati: appena 2mila adozioni nel 2014 e 850 nel primo semestre del 2015. Di “adozione internazionale in cerca di futuro” si parla a Gabicce Mare, nel convegno internazionale – che si conclude oggi – promosso da Aibi per interrogarsi sulla “scelta politica dell’accoglienza”, assieme a esperti provenienti da “Paesi d’accoglienza” (come Francia e Spagna) e “Paesi d’origine” (Sud America e Africa), ma anche rappresentanti dei Servizi sociali, delle istituzioni, della famiglie adottive e degli enti autorizzati.
Il “disimpegno” della politica. Punta il dito contro il “totale disinteresse degli ultimi governi verso questa tematica”Marco Griffini, presidente di Aibi, ricordando come fino al 2011 l’Italia abbia mantenuto buoni livelli di adozioni internazionali – mentre altri Paesi europei erano in crisi – “grazie all’impegno del governo, con una fervente attività, con incontri e la sottoscrizione di accordi bilaterali, ad esempio con la Russia e la Bielorussia”. Poi però, a partire dal governo Monti, la Cai – secondo Griffini – ha visto man mano ridurre la sua attività, fino ad oggi, quando “alla guida non vi è neppure un ministro” (formalmente il presidente è Renzi, che ha delegato Silvia Della Monica, consigliere di Cassazione), “manca un direttore generale” e l’attività langue.
La sfiducia delle famiglie. Altro fattore che ha provocato il crollo delle adozioni internazionali è la riduzione del numero di famiglie che fanno richiesta: un “disimpegno” che dal 2006 in poi registra una perdita di 500 coppie ogni anno. Dopo il record del 2004, con 8.274 richieste, si è scesi a 6.092 nel 2010 fino a 4.015 del 2014, un numero minimo rispetto a 5 milioni e 230mila, ovvero quante sono le coppie senza figli in Italia. “C’è una perdita di fiducia delle famiglie nei confronti del sistema”, sentenzia Griffini, critico pure verso il passaggio attraverso i Tribunali per i minorenni da parte delle coppie in cerca dell’idoneità per adottare (“Così – dice – s’intende l’adozione come un processo, non un atto d’amore”), e verso i “criteri sempre più rigidi” seguiti dai Tribunali, “contrari a priori perché preoccupati di un possibile fallimento dell’adozione”.
Traffico di minori e accordi mancati. Da ultimo, il presidente di Aibi annota la chiusura di alcuni Paesi – come il Congo e il Kenya – verso le adozioni internazionali per scongiurare il traffico di minori, mentre – d’altro canto – “abbiamo 15 richieste da parte di Paesi africani, sudamericani e asiatici, che vorrebbero aprire le loro porte all’Italia ma manca una risposta da parte della Cai”, lamenta Griffini. E, a proposito delle adozioni illegali che hanno portato alcuni Stati a chiudere le frontiere, rileva “carenze nel sistema dei controlli”, a fronte di “decine di denunce, anche da parte di coppie italiane, cui non viene dato seguito”. A tal riguardo, gli oltre 60 enti autorizzati in Italia “dovrebbero essere sottoposti a verifica biennale, quindi con una media di 30 verifiche ogni anno da parte della Commissione, mentre sono solo 2 quelle in corso”, tra cui una proprio nei confronti di Aibi.
Il governo creda nell’adozione. A fronte di una crisi dell’adozione internazionale che sembra inarrestabile, e che presto potrebbe portare alla scomparsa di questo istituto, Aibi vuole “imprimere un netto cambio di rotta”, favorendo un confronto costruttivo tra i vari interlocutori del settore. “C’è voglia di adozione, come dimostrano – ad esempio – le decine di richieste giunte in questi giorni per il figlio della ‘coppia dell’acido’. Un desiderio che andrebbe sostenuto e non ostacolato”, sentenzia Griffini, chiedendo al governo di “credere” nell’adozione internazionale e non lasciarla “morire d’inedia”. Partendo, magari, da quella riforma delle procedure per l’adozione internazionale, rendendole più agevoli, promessa un anno fa. Ma che finora è restata solo una promessa.