Cinguettiamo ogni giorno termini che solo fino a pochissimi anni fa non esistevano e il nostro è diventato un mondo che non ha nulla di meno rispetto alle immagini futuristiche di Star Trek e Spazio 1999, i due telefilm che hanno fatto sognare la generazione degli anni ‘70. App per smartphone con cui tenere aggiornati i dati degli allenamenti. Video postati su Instagram, la nuova piattaforma “social” che piace tanto agli adolescenti. Chat, link, post e clic su Facebook. E gli aggiornamenti costanti di Twitter.
Se non sei “social”, semplicemente non sei. Per questo ogni giorno siamo inondati di informazioni, immagini, colori e suoni ovunque siamo e a prescindere con chi siamo. Perché nel mondo “virtual” la presenza dell’altro in carne e ossa non fa la differenza.
Ma, c’è un ma. E prende la forma di una bottiglia. È rimasta in balia delle onde per 109 anni fino a quando una coppia di anziani in vacanza l’ha trovata sulla spiaggia di Amrum Island, una delle Isole Frisone sulla costa tedesca del Mare del Nord. Era della Marine Biological Association di Plymouth che, tra il 1904 e il 1905, aveva gettato in mare un migliaio di bottiglie – tra Regno Unito, Germania, Olanda, Danimarca e Norvegia – per studiare il flusso delle correnti e i movimenti dei pesci. 100 anni fa la ricerca scientifica si faceva così.
Stringere tra le mani una bottiglia con una cartolina dentro significa vedere il tempo che si arrotola all’indietro e assistere al mistero di un viaggio sotto i mari. Non c’è Instagram, Facebook o Twitter che regga a una emozione simile. La domanda che resta per ora sospesa è che tipo di messaggi stiamo inviando noi oggi ai nostri pronipoti tra 100 anni, continuando incessantemente a cinguettare, chattare, linkare, postare e cliccare.
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