Il male è servito “perché si manifestasse la grandezza di Dio”: è tutta racchiusa in questa frase la storia di Germán Garcia Velutini e diOliverio González, banchiere venezuelano il primo, imprenditore messicano il secondo. Entrambi vittime della criminalità sudamericana che conta il 30% degli omicidi del mondo, 29 ammazzati ogni 300mila abitanti, 40 delle 50 città più pericolose del globo, 85% dei rapimenti mondiali, un sequestro express ogni 14 ore, 60% dei rapimenti non denunciati, e la produzione del 90% della cocaina che circola nei 5 continenti. Le loro storie – Germán García Velutini, presidente del Banco venezolano de credito, per undici mesi in mano ai suoi rapitori; Oliverio Gonzáles, imprenditore messicano, a cui i sequestratori hanno assassinato il padre – si sono intrecciate al Meeting di Rimini dove si è parlato di misericordia e di perdono. In questo oceano di violenza e di dolore, i due hanno testimoniato che anche partendo dal male e dal dolore vissuto sulla propria pelle, è possibile ricostruire un mondo nuovo.
Germán Garcia Velutini, presidente delle scuole gesuitiche “Fede e allegria”, fu rapito, probabilmente dai guerriglieri dell’Eta, il 25 febbraio del 2009, appena uscito dalla sua banca di Caracas. Restò nelle mani dei sequestratori per 11 mesi, fino a quando la famiglia non pagò il riscatto. Undici mesi in una cella “larga tre passi senza finestre”, con un materassino e una Bibbia – poi tolti per inasprirgli la prigionia -, un bidone e un secchio per le necessità igieniche, telecamere ai quattro angoli, un motivo musicale ripetuto all’infinito da alcuni altoparlanti. “Per 11 mesi non parlai con nessuno – ha raccontato – né vidi mai la luce del sole. Quando mi tolsero la Bibbia, mi restò soltanto la compagnia di Dio e della Vergine. Ero in prigione ma mi sentivo libero, non potevano togliermi la mia dignità e non potevano cambiare il mio atteggiamento nei confronti della realtà”. Alla fine di dicembre lo liberarono in un parco vicino casa, impaurito dall’idea che qualche delinquente, riconoscendolo, potesse sequestrarlo di nuovo e rivenderlo a criminali organizzati. Raggiunse casa con i soldi che gli avevano lasciato per il taxi.
Oliverio González nel 1998 aveva 22 anni, studiava all’università e si faceva di droga e di alcol. Un giorno di quell’anno, l’autista di fiducia della famiglia, insieme a dei complici, rapì il padre, solido imprenditore “venuto su dal nulla”. Gli estorsero dei soldi, minacciando la vita dei suoi famigliari, poi lo portarono fuori città, lo pugnalarono e lo lasciarono per strada, convinti che fosse morto. L’uomo sopravvisse una settimana e denunciò i suoi assassini. “Alla messa per l’ottavario di mio padre – è stato il ricordo di Oliverio – mia madre mi fece conoscere i suoi amici di Comunione e Liberazione. Non mi fecero prediche e più cercavo di evitarli più erano lì, pazienti e contenti di volermi bene e basta”. L’esperienza del perdono nella vita del giovane nasce in quel momento, descritto così: “fu il volto di mia madre quando scoperse che mi drogavo. Mi disse che le stavo spezzando il cuore. L’angoscia che provai mi riportò agli amici di Cl. Mi resi conto che l’assassino di mio padre era nelle mie stesse condizioni di qualche tempo prima, ma senza i miei amici. Cominciai così a chiedere che anche lui potesse trovare quello che avevo trovato io”.
Il perdono per Germán ha il volto della Vergine Maria “che non mi ha mai lasciato”. La domanda che saliva dopo la prigionia era sempre la stessa: perché quella disgrazia era successa a lui e alla sua famiglia. La risposta stava, ha raccontato, “nel Vangelo, in particolare nell’episodio del cieco nato, quando Gesù afferma che la malattia sarebbe servita perché si manifestassero in lui le opere di Dio”. Così accadde: “fui di esempio ai miei carcerieri. Tornai con nuovo vigore in banca e nelle scuole di cui ero presidente. Uno dei miei rapitori, quando mi rilasciarono, mi abbracciò dopo avermi sentito leggere i versi di Luca in cui Gesù dice di non rendere male per male”. Ma a far capire a Garcia che aveva davvero perdonato i suoi rapitori è stato, pochi giorni fa, l’incontro, nel carcere di Padova, con Domenico, detenuto con una lunga pena da scontare per sequestro di persona e omicidio. “Non avevo mai avuto davanti a viso aperto un sequestratore – ha detto Garcia – e quando mi ha chiesto cosa avrei voluto per perdonare uno come lui, gli ho risposto che il perdono bisogna chiederlo partendo dal cuore. E lì ho capito che avevo perdonato i miei sequestratori”.
Perdono come fonte di vita nuova: oggi Garcia è di nuovo impegnato nelle scuole di “Fede e allegria” con l’obiettivo di ridurre povertà e ingiustizia. Oliverio è un affermato “cake designer”, pasticcere. Partito dalla panetteria di famiglia oggi ha aperto sei succursali che danno lavoro a 200 persone. Non si stanca di ripetere le parole della mamma: “la nostra attività c’è perché la misericordia di Dio sia visibile a tutti”.