“Divenni a me stesso una contrada di miseria”, ma “la tua misericordia mi volava attorno, fedele, di lontano”, perché la tua onnipotenza non è lontana da noi, anche quando noi siamo lontani da te”; tu, o Signore “sei presente anche a coloro che si allontanano da te”; “tu, o Altissimo, non abbandoni il nostro fango”.
Sono parole di un peccatore che, inseguito dalla misericordia del Signore, è diventato un grande santo. Parole di Agostino – nel libro delle “Confessioni” – che mi sono rimbalzate nel cuore leggendo la lettera di Papa Francesco a mons. Rino Fisichella in vista dell’Anno Santo della Misericordia. Ha davvero un sapore agostiniano il messaggio di Francesco che detta le linee maestre di quell’evento che la Chiesa cattolica celebrerà a partire dal dicembre prossimo.
La Misericordia vi appare nella sua vera essenza – che spesso noi stessi cristiani non comprendiamo appieno – come esperienza che manifesta in pienezza la verità di Dio, l’essenza del nostro Signore. Misericordia non è una bella parola di cui riempirsi la bocca, non è un buon sentimento nel quale cullarsi, non è riducibile a qualche nobile gesto. Misericordia è la sostanza di Dio che si comunica ai suoi figli perché possano diventare segno e immagine di Lui. “A immagine di Dio li creò”, affinché manifestino nella storia l’amore di Dio che non è mai vinto dal peccato dell’uomo. Misericordia è l’amore di Dio all’uomo che trasforma l’uomo in amore che si dona. E come l’amore/misericordia di Dio è “diffusivum sui”, così l’amore/misericordia della Chiesa si diffonde sugli uomini peccatori.
Questo è, nelle parole del papa, il significato, la natura, lo scopo dell’Anno Santo che ci apprestiamo a celebrare. Un Giubileo che segna molte novità: non solo il Giubileo che chiama gli uomini verso Dio, ma il Giubileo che segna il cammino di Dio verso gli uomini. È l’anno Santo del “pellegrinaggio di Dio” verso i peccatori, nel quale la Misericordia del Signore non tanto li aspetta nelle grandi basiliche, ma va a cercarli nelle loro case, nei luoghi della loro sofferenza, nelle carceri in cui scontano la pena dei loro errori. Per questo l’indulgenza giubilare la potranno ricevere in pienezza malati e sofferenti impossibilitati a farsi pellegrini, i carcerati costretti nei luoghi della detenzione; la potranno ottenere quelli che, non potendo recarsi nelle “sedi” del perdono, si dedicheranno alle opere di Misericordia corporali e spirituali. Anche i morti potranno ottenerla attraverso il bene compiuto dai loro cari.
Francesco allarga, con questo testo, i confini della misericordia: tutti i preti, in questo anno, potranno assolvere dal peccato di aborto, indicando a chi si è macchiato di questa colpa “un percorso di conversione” che li porti a conoscere e ricevere “il vero e generoso perdono del Padre”. Anche questo affinché la misericordia di Dio possa raggiungere tutti nel loro habitat, prima ancora che siano i peccatori a pellegrinare verso Dio. Diventa verità concreta la parabola della pecorella smarrita, che il pastore non sta ad attendere, ma va personalmente a cercare per riportarla, sulle sue spalle, all’ovile; come pure la parabola del Padre misericordioso che “corre incontro” al figlio prodigo, perché l’amore di Dio non può attendere. L’amore di Dio è sempre segnato da una grande fretta di salvare i suoi figli peccatori.
Lo scritto di papa Francesco non cessa, dall’inizio alla fine, di stupire nella volontà di allargare i confini della Misericordia: si rivolge anche ai seguaci del vescovo Lefebvre, che hanno rotto con la Chiesa cattolica: la misericordia di Dio vuole raggiungere anche loro; stabilisce infatti, il papa, che anche i sacerdoti della Fraternità San Pio X possano assolvere “validamente e lecitamente” i fedeli che a loro si accostano nelle chiese da loro officiate.
Davvero, la Misericordia del nostro Dio non ha confini; Francesco vuole che la Chiesa manifesti concretamente e in pienezza questa grande verità.
0 commenti