Con l‘avvio del nuovo anno scolastico – tra il 7 settembre del Trentino Alto Adige e il 16 di Puglia e Veneto – saranno quasi 8 milioni i bambini e i ragazzi in classe. Per la maggior parte si tratterà di un ritorno dopo settimane trascorse in libertà; per i più piccoli costituirà invece il primo ingresso a scuola, quel “primo giorno” che è al tempo stesso momento di “distacco” e occasione di confronto e di crescita, ricordato con emozione da tutti noi. Un appuntamento vissuto con un mix di curiosità, ansia e timore anche dai bambini di oggi, per alcuni dei quali costituisce uno scoglio non facile da superare, spesso “accompagnato” dall’apprensione di genitori e familiari, soprattutto quando alla fatica fisiologica dell’inserimento e dell’adattamento a impegni, orari, regole condivise, si uniscono difficoltà oggettive o problemi di salute. Per aiutare ragazzi, famiglie e insegnanti ad affrontare con serenità il nuovo anno, l‘Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma (www.ospedalebambinogesu.it) ha messo a punto un dossier con le indicazioni di diversi specialisti.
Concretezza. Molto concreti i temi affrontati: l’inserimento scolastico e i problemi del distacco; l’importanza di mantenere un rapporto di stima e collaborazione tra docenti e genitori, quello che l’insegnante e scrittore Alessandro D’Avenia definisce il “triangolo amoroso” insegnante, genitore e alunno; le allergie alimentari e le mense scolastiche, problema che coinvolge tra l‘1 e il 3% degli studenti; i disturbi specifici dell’apprendimento (dalla dislessia alla discalculia) che riguardano il 2-3% della popolazione scolastica; i disturbi aspecifici dell‘apprendimento, dall’epilessia alla sindrome di Williams; il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd), uno dei più comuni disordini dell’età evolutiva che colpisce circa il 3% della popolazione (con una maggiore incidenza nei maschi).
Il valore del limite. Particolare attenzione è riservata al cambiamento (in negativo) intercorso negli ultimi anni nel rapporto genitori-insegnanti. “Molti genitori, difendendo a spada tratta i propri figli, tendono a svalutare la figura dell’insegnante e a sminuirne l’autorità ai loro occhi”, spiega la dottoressa Luigia Milani, psicologa clinica del Bambino Gesù, che ha curato le parti riguardanti l’inserimento/adattamento e il rapporto genitori/insegnanti. “Vedere nell’insegnante un nemico più che un alleato nell’educazione del proprio bambino, e in quest’ultimo una parte di sé vulnerabile e bisognosa di protezione, fa venire meno il compito genitoriale di aiutare il ragazzo a guardare dentro di sé per accettare i propri limiti e ad impegnarsi per il loro superamento, dove possibile”. Di qui, per l’esperta, il rischio che il non riconoscimento del proprio limite porti a “non tollerare di averne e ad attribuire all’esterno la ‘colpa’ di insuccessi e fallimenti”. Milani richiama anche l’importanza di un altro momento di passaggio: dalla scuola primaria alla secondaria. “Intorno ai 12 anni ogni ragazzo inizia, ciascuno con i propri tempi, a non sentirsi più bambino ma non ancora grande, e prende il via un lungo e delicato processo di ridefinizione di identità. All’interno di questa dinamica si colloca la scelta della scuola superiore, ambiente meno ‘protetto’ della media, e il suo inizio”. Dall’esperta il consiglio di “accompagnare” gli adolescenti “nella scelta di un corso di studi che risponda il più possibile ai loro interessi e sia ‘calzato’ sulle loro reali possibilità, facendo poi un ‘monitoraggio’ a distanza, discreto ma efficace”.
Né sottovalutare, né drammatizzare. Per quanto riguarda le altre “difficoltà”, il problema delle allergie alimentari è in continuo aumento: solo a Roma interessa 20mila bambini, ma per potersi avvalere di un menu differenziato occorre un “certificato di esenzione” rilasciato dall’allergologo o dal pediatra. Poiché nel nostro Paese non esistono, a differenza di Usa e di alcuni Stati europei, normative in materia, vengono indicate come buone pratiche i progetti di formazione di insegnanti avviati in alcuni istituti a Torino e a Milano. Per quanto riguarda i disturbi dell’apprendimento, classificati in “aspecifici” (legati a sordità, difficoltà visive, patologie neurologiche, genetiche, psicologiche) e “specifici” (difficoltà a scrivere o a eseguire calcoli), gli esperti suggeriscono di rivolgersi il prima possibile, ma senza drammatizzare, a specialisti. Nel primo caso per eventuali terapie di linguaggio orientate anche sui processi logici, interventi didattico-pedagogici (strategie di studio e apprendimento), interventi di tipo psicologico; nel secondo, adattando la didattica e le tecniche di insegnamento al bambino con difficoltà. Un capitolo a parte è dedicato al disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd) che richiede, dopo un’approfondita valutazione polispecialistica, un intervento di tipo cognitivo-comportamentale (tecniche pratiche) efficace e duraturo nel tempo coinvolgendo scuola, famiglia e alunno. Importante anche la collaborazione e la “alleanza” tra famiglie: per questo il dossier indica, oltre alle specifiche unità operative del nosocomio, i recapiti di diverse associazioni di riferimento.
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