SANT’EGIDIO ALLA VIBRATA – Di professione artista, nello specifico attore comico ed esilarante imitatore originario di Roma ma artisticamente nato a Sant’Egidio alla Vibrata. Il nome Angelo Carestia da molti anni ormai è divenuto un sinonimo di garanzia: risate e professionalità sono assicurate nel suo spettacolo, uno show a 360° gradi con un repertorio ampio e variegato fatto di barzellette, canzoni e tante imitazioni. La stagione estiva, quella che più lo porta a girovagare tra piazze e locali di mezza Italia, è giunta quasi al termine ed è quasi tempo di bilanci e progetti per il futuro.
Angelo, raccontaci quando e come è nata la tua vena artistica: da piccolo cosa sognavi di fare da grande?
L’arte me la porto dentro sin da bambino. Ho da sempre avuto un amore incondizionato per la musica e pur non avendola potuta studiare, sin da piccolo suonavo la chitarra, la fisarmonica, il sax. Già da piccolo, poi, mi divertivo a fare le imitazioni: ricordo quando il maestro di scuola, dieci minuti prima che suonasse la campanella, mi chiamava per un piccolo sketch di fronte alla classe chiedendomi: “Allora, Carestia oggi che ci fai?”… e io subito partivo con le imitazioni di Jerry Lewis, Stanlio e Ollio, Yoghi e Bubu, provocando grandi risate tra i miei compagni di classe. Ho iniziato il mio percorso, quindi, con le imitazioni e già a 17 anni ero in giro per le piazze grazie al maestro Nino Dale, l’impresario di Ivan Graziani, che mi vide e mi portò con lui. In seguito, mi avvicinai al teatro grazie ad una compagnia teatrale di Maltignano, un’esperienza molto importante per me con la quale ho avuto modo di conoscere tanti piccoli accorgimenti che si imparano solo sul campo, come i tempi, le pause, l’impostazione della voce. A partire poi dagli anni ’90, dopo una serie di provini nelle reti nazionali, ho avuto la fortuna di partecipare a programmi televisivi targati Rai e Mediaset: ricordo le esperienze con Massimo Boldi, Anna Falchi, Gigi Sabani, Pippo Franco, Luisa Corna e con l’indimenticabile Mike Bongiorno, quando nel suo programma “Momenti di Gloria” interpretai Fred Bongusto rivisitando la sua “Una rotonda sul mare”; le aperture ai concerti di Califano e Marcella Bella e le serate memorabili con i Collage, i Cugini di Campagna, Bobby Solo. Queste sono state tutte esperienze importanti che hanno contribuito alla mia formazione, poi la vera crescita professionale è avvenuta nella seconda metà degli anni ’90 quando ho incontrato gli amici del “Lido degli aranci” e il festival “Cabaret amore mio” di cui sono stato ospite: da quel momento ho cominciato a praticare il cabaret che oggi è diventato il mio “servizio” preferito.
A cosa va incontro chi assiste oggi ad un tuo spettacolo?
Il mio spettacolo oggi è, appunto, uno show di cabaret, il che non vuol dire essere solo attori comici e basta. Cabaret vuol dire anche tanta improvvisazione, tanto “lavoro sulle persone”, nonché essere sempre pronti a fronteggiare qualsiasi situazione e avere un ampio repertorio. Innanzitutto, cerco di scatenare la risata attraverso la semplicità anche perché il pubblico che ho di fronte è molto eterogeneo; poi faccio una satira leggera sui tanti “luoghi comuni” della nostra società, passo in rassegna le tradizioni linguistiche di Abruzzo e Marche e infine, ma non per minor importanza, mi diletto in tante imitazioni, dai politici ai cantanti fino ai Vip più in voga del momento, anche se la mia preferita rimane sempre quella dello straordinario Totò, un maestro per me.
Cosa “bolle in pentola” per il futuro?
I miei grandi amori oggi sono soprattutto il teatro e la canzone, passioni che ho trasmesso anche a mia figlia Laura e che anche lei sta iniziando a coltivare. Il teatro d’autore, in particolare, mi è rimasto nel cuore e per questo ho in mente un paio di cose in questo settore. Anche la radio è tra le mie priorità: l’ho fatta per tanti anni da giovane ed è stata per me una palestra importantissima per la dialettica e la dizione, poiché mi ha aiutato ad acquisire una grande ricchezza di termini e di espressioni. Mi piacerebbe, poi, tornare a fare un po’ di televisione: a tal proposito sto facendo vari provini e ad aprile andrà anche in onda “Rimbocchiamoci le maniche”, un film con Sabrina Ferilli nel quale ho avuto un piccolo ruolo di comparsa. La cosa che auguro di più a me stesso è, però, quella di rimanere sempre così e soprattutto di non fermarmi mai e continuare il più possibile a fare spettacoli perché una volta che sei salito su di un palcoscenico per ben 35 anni, è difficile scendere o lasciarlo: quello non ti lascia più e ti entra nel cuore.
A tuo parere, com’è cambiato nel corso degli anni il mondo dello spettacolo?
Fortunatamente, ho conosciuto la televisione nazionale prima ancora di quella locale ma negli anni ‘90 cominciava ad essere già di stampo commerciale come lo è oggi. Ora tutto ruota attorno all’audience e agli sponsor a discapito della meritocrazia, che prima invece imperava. La storia l’hanno fatta i grandi come Gigi Proietti, Enrico Montesano o anche altri bravi comici come Walter Chiari e Carlo Campanini, che oggi non si sentono più. La televisione dei nostri giorni è stata rovinata dalla mediocrità: per avere successo devi essere sciocco e dare il peggio di te, come succede nei vari reality della “tv spazzatura”.
Il vostro settore ha risentito dell’ondata di crisi?
Fortunatamente, quest’estate ho girato moltissimo tra campeggi turistici, feste patronali, locali e piazze: abbiamo organizzato anche una bellissima serata a Civitella del Tronto dal titolo “Ultima Roccaforte della Risata” e a Sant’Egidio alla Vibrata le serate della decima edizione di “Comici… si nasce?”.
Ovviamente, però, il nostro settore è stato uno dei primi ad essere toccato dalla crisi e abbiamo dovuto fare tutti dei piccoli passi indietro nei cachet. Purtroppo, come ho già accennato, stiamo assistendo ad una regressione culturale che ha portato al giorno d’oggi i giovani lontani per esempio dal teatro e dalla musica dal vivo, questa soppiantata, quasi inspiegabilmente, dal semplice karaoke a discapito molto spesso dei musicisti professionisti, che hanno speso molto tempo per studiare e perfezionarsi e che a volte poi non trovano spazio. Si tratta, secondo me, di una crisi più che altro culturale perché nel nostro paese la figura dell’artista non è molto rispettata né valorizzata come avviene, invece, in altri paesi come ad esempio la Francia. Fortunatamente Internet in questo senso svolge un ruolo importante perché riesce a dar voce e pubblicità a tutti, non solo ai raccomandati.
Quali sono i pro e i contro di questo lavoro?
Purtroppo, come già detto, oggi ti scontri con una realtà difficile per via della crisi che costringe molti artisti a vivere quasi alla giornata. Dall’altra parte, però, sei felice perché fai quello che ti piace e puoi dare liberamente spazio alla tua creatività per cui ogni serata diventa quasi una valvola di sfogo e insieme di benessere. E’ bello, poi, dopo tanti anni avere il riconoscimento di molti paesani e non solo, anche se molti ancora oggi non riescono ad entrare nell’ottica che questo è un vero e proprio lavoro, un lavoro che richiede anche tanto impegno, studio e preparazione: se hai la serata devi andare a dormire il pomeriggio e mangiare leggero perché devi stare concentrato e non puoi permetterti distrazioni dato che devi ricordarti a memoria un’ora e mezza di spettacolo.
E’ difficile per un comico riuscire a far ridere quando a volte l’umore non è dei migliori?
Fa parte del mestiere indossare una maschera e fingersi felici e spensierati anche quando non lo si è. Ricordo che, quando mia mamma era in fin di vita, non me la sentivo proprio di andare a fare uno spettacolo ma alla fine, per vari motivi, fui costretto a dire di sì: mi feci forza e mi sforzai di dimenticare chi ero e la situazione che mi portavo dentro. Se ami e fai questo mestiere, infatti, anche quando non te la senti devi fare un bel respiro, lottare contro te stesso e contro le tue emozioni e riuscire a immedesimarti comunque nel personaggio, un po’ come fa il clown che si trucca per sorridere sempre: fa parte del gioco e non puoi tirarti indietro. In questo senso, amo particolarmente la frase che diceva sempre Vittorio Gassman sul perché si sceglie di recitare: “Non si recita per guadagnarsi il pane quotidiano ma si recita per mentire, per smentirsi, per essere diversi da quello che si è. Si recitano parti di eroi perché si è dei vigliacchi, si recitano parti di santi perché si è delle carogne, si recita perché si è dei bugiardi fin dalla nascita e soprattutto si recita perché si diventerebbe pazzi non recitando!”
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