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Don Nicola Spinozzi ci racconta il Convegno Missionario Nazionale

Il percorso da compiere assieme ai poveri per raggiungere nuovi approdi di missione è il tema al centro della prima sessione dei lavori dell’Ottavo convegno nazionale dei direttori e collaboratori dei Centri missionari diocesani, a Fiuggi. “Abitare la Strada, dalla parte dei poveri”, questo il titolo dell’incontro.

Per rispondere alla domanda di senso sulla dimensione fisica della povertà, monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo e presidente della Commissione Episcopale per l’evangelizzazione dei popoli, e Lucio Caracciolo, direttore di Limes, hanno “descritto”, ognuno nel proprio ambito, i termini della sfida nel mondo globalizzato.

Dobbiamo esser capaci, come rappresentanti di una Chiesa missionaria, di “abitare il tempo, strada facendo”, ha esordito il vescovo. Ossia avere consapevolezza di percorrere la strada del tempo per approdare ad uno scenario nuovo.
“La missione è allo stesso tempo soggetta al cambiamento e protagonista del cambiamento”, ha spiegato. E va non solo incontro ai poveri che stanno camminando sulle nostre strade, ma “li incontra ancora prima che arrivino”. Intercetta cioè un bisogno, una esigenza. Una Chiesa profetica, insomma, in grado di intuire i segni dei tempi. Come ha spiegato anche il moderatore dell’incontro, padre Giulio Albanese, direttore di Popoli e Missione, con una felice metafora, la sfida sta nel trovare “la nuova via della seta della missione”.
Il giornalista Lucio Caracciolo nella sua lezione di geopolitica arricchita di mappe tematiche tratte dalla rivista Limes, ha tracciato un quadro internazionale cercando di individuare geograficamente dove sia concentrata oggi la povertà. I poveri sono concentrati in una zona di mondo dove le istituzioni sono praticamente al collasso e Caracciolo chiama questa zona d’ombra “caoslandia”.
In questa fascia di mondo trasversale che non corrisponde alle convenzionali suddivisioni geografiche dati dagli Stati, ma che cattura gran parte dell’Africa sub-sahariana passando per l’estremo oriente e parte dell’America Latina, si incunea non solo la povertà ma anche la guerra. Il cosiddetto “terrorismo territoriale” affonda le sue radici in questo terreno.
“Lo Stato Islamico, ha spiegato Caracciolo, nasce in ambito tribale sunnita iracheno in funzione di resistenza contro il potere americano”. Il nostro mondo, quello “ordinato”, è anche quello che possiede gli strumenti della narrazione e che si impone sul caos dal punto di vista della comunicazione.
La sfida è riuscire a dare voce alla parte povera di mondo ancora in balia del caos.

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