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Il Papa sulle tasse da pagare, è giustizia sociale

accoglienzaDi Domenico Delle Foglie

A voler prendere alla lettera le parole pronunciate da Papa Francesco alla portoghese “Radio Renascenca”, sarebbero indirizzate espressamente alle congregazioni religiose operanti in tutto il mondo. Dal Portogallo all’Italia, dagli Stati Uniti alla Nigeria. Ecco le parole del Papa: “Un convento religioso è esentato dalle imposte, però se lavora come un albergo paghi le tasse, altrimenti non è una cosa sana. Ci sono conventi quasi vuoti e anche lì può esserci la tentazione del dio denaro. Alcune congregazioni dicono: ora il convento è vuoto, facciamolo diventare un albergo e possiamo ospitare persone, mantenerci e guadagnare denaro. Bene, se desideri questo, paga le tasse. Un collegio religioso è esente dalle imposte, ma se lavora come un hotel è giusto che paghi le imposte”.
Non c’è dubbio che anche questa volta le parole di Papa Francesco siano destinate a lasciare il segno, come la cronaca e i commenti apparsi sulla stampa internazionale confermano. Nella piena consapevolezza dei doveri di cittadinanza enunciati dalla Dottrina sociale cristiana, alla cui sfera appartiene certamente anche il dovere di partecipare alla costruzione del bene comune attraverso la tassazione delle proprie attività che producono lucro, è del tutto evidente che nessuna struttura della Chiesa possa sottrarsi a questo dovere, sempre nel rispetto della specificità delle legislazioni nazionali.
In molti hanno evocato, anche per motivi di immediatezza comunicativa il “dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. E crediamo che nessuno possa dubitare della piena adesione di Papa Francesco a questo criterio che fonda la giustizia sociale e regola la sana laicità. In questa prospettiva sicuramente la Chiesa italiana e le diocesi italiane, forse impropriamente tirate in campo in queste ore, già si sono poste e sono con fiducia a fianco del Papa. A Roma come nella più piccola delle diocesi italiane. Basti ricordare, a questo riguardo, la ferma presa di posizione della Cei, espressa dal cardinale presidente Angelo Bagnasco. Famosa la sua affermazione: “Non pagare le tasse è peccato”. E per essere ancor più chiaro, il presidente non si è sottratto ad una riflessione specifica: “Ho avuto già modo di affermare che la Chiesa ha sempre pagato l’Ici per quel che riguarda le sue attività commerciali. Altro discorso è quello relativo al mondo del no profit, fuori e dentro la Chiesa. Ciò nonostante, se qualche situazione di abuso fosse rilevabile, non vi è dubbio che vada sanzionata nell’interesse di tutti”. Dal canto suo, il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, rispondendo ad un quesito postogli ha così risposto: “Se siete a conoscenza di una realtà che è commerciale e che non paga l’Imu denunciatela”.
Parole inequivocabili che dovrebbero spazzare il campo da ogni tipo di sospetto nei confronti della Chiesa italiana e dei suoi rapporti con la fiscalità generale. Anche perché è assolutamente nitida la posizione della Chiesa italiana in stretta sintonia con la Dottrina sociale cristiana. Lo stesso cardinale Bagnasco, infatti, ha sottolineato che “oggi la leva fiscale è la strada maestra per compartecipare alle necessità del bene comune, tenendo pure conto concretamente delle differenti condizioni di partenza perché non si chieda troppo a chi ha poco e poco a chi ha troppo”. Ecco una concreta applicazione della giustizia sociale a cui la Chiesa italiana non intende in alcun modo sottrarsi.
Poiché la legislazione fiscale italiana è ormai chiarissima nella distinzione delle attività commerciali sottoposte a tassazione, è bene che ciascuno faccia la propria parte senza cercare la speculazione o addirittura il polverone mediatico. Chi ha il dovere di pagare paghi (come la maggioranza assoluta delle realtà ecclesiali già fa, con puntualità e talvolta anche con innegabili sacrifici), chi non ha ancora pagato si affretti a regolarizzare la propria posizione, chi ha dei contenziosi con l’amministrazione finanziaria li risolva al più presto, chi ha da segnalare degli abusi si rivolga alle autorità competenti. Chi infine ha un convento vuoto, prima di deciderne la futura destinazione, rifletta sulle parole di Francesco e decida secondo coscienza.