Tutti ricordiamo di aver visto la tragedia dell’11 settembre in televisione. I ricercatori americani dicono che oggi invece avremmo seguito l’evento sui social, su Facebook e Twitter, principalmente. Si tratta di un’evoluzione del consumo mediatico che genera nuove preoccupazioni. Sui social, infatti, diventa più difficile distinguere il “brusio” (in Usa lo chiamano il “buzz”) dalla verità. Un nuovo studio condotto dal “Pew Research Center” in collaborazione con la “John S. and James L. Knight Foundation”, rivela che aumenta di anno in anno, e in modo significativo, il numero degli americani che affermano di usare i “social” come fonte di informazione. Il 63% degli utenti dice di “catturare” le notizie giornaliere direttamente dai post pubblicati da altri utenti su Facebook o su Twitter. Un anno fa erano il 52% su Twitter e il 47% su Facebook.
La crescita è molto rapida e il trend sta cominciando a porre problemi che erano completamente inediti il giorno dell’attentato alle Torri gemelle. Secondo le società di ricerca “Demos” e “Ipsos Mori”, l’enorme quantità di persone che ogni giorno usa i social ha spinto il marketing a “sovra-utilizzare” il mondo del “web 2.0” per le indagini di mercato. Quell’enorme campione statistico degli “smanettatori compulsivi” di Twitter e Facebook, però, non rappresenta la società reale, dicono gli esperti. Insieme con la “Sussex University” e la “CASM Consulting”, “Demos” e “Ipsos Mori” hanno condotto una ricerca che hanno chiamato “ The Road to Representivity” (“La strada della rappresentatività”). Hanno posto le stesse domande (su fatti di attualità, sulla politica e sui prodotti commerciali) con due modalità differenti: off line e on line. I risultati dei questionari sono molto diversi gli uni dagli altri. Alcuni temi sono sembrati importantissimi agli utenti dei social mentre venivano percepiti da tutti gli altri come meno rilevanti.
Anche per la politica il dato induce a nuove riflessioni: la popolarità sui social, infatti, non corrisponde quasi mai a un vero gradimento degli elettori. La differenza fra “buzz” (ciò di cui si parla e che alimenta le grandi correnti oceaniche dei social) non si sposa quindi con ciò che è considerato veramente importante per la vita quotidiana delle persone. Il tema non è banale. Facebook, di recente, ha introdotto un nuovo strumento di navigazione, una barra laterale che si chiama “Trending” e che permette agli utenti di seguire solo gli argomenti più discussi (al top del “buzz”) in rete. Lo stesso sta sperimentando anche Twitter: da tempo lavorano a “Project Lightning”, uno strumento di navigazione che permetterà agli utenti di seguire “in diretta” tutti i “tweets” su un determinato evento. Si tratta di due strumenti che non faranno altro che aumentare in modo artificioso il “buzz” su certi temi escludendo tutti gli altri. La cronaca del crollo delle torri del WTC, in questo modo, sarebbe finita sommersa in un oceano di esclamazioni dal sapore fortemente naif e di aforismi rigorosamente in 140 caratteri.
“C’è grande opportunità, naturalmente. Ma c’è anche un grande pericolo”, dicono ad una voce Carl Miller, co-fondatore e direttore delle ricerche del centro per l’analisi dei social media di “Demos”, e Steve Ginnis, capo della ricerca digitale del Social Research Institute di “Ipsos Mori”. “La scienza ora può far uso di un maggior numero di dati, che sono anche più ricchi e più aggiornati rispetto a prima. Ma il pericolo è che, in una gara dove sembrano avere importanza solo i numeri sempre più grandi, e acquisiti sempre più in fretta, si rischia di perdere di vista molti dei principi più importanti che la scienza sociale ha faticosamente stabilito in un più di un secolo di attività. Il rigore, nel metodo e nei risultati, è la sfida più importante che abbiamo di fronte oggi”, spiegano. Il mondo dei social infatti rischia di diventare una sorta di artificiale “agenda setter” per la politica e la pubblica opinione. Il problema però è che non è in grado di rappresentare “veramente” gli interessi e le priorità quotidiane della vita off line e cioè della vita reale. Papa Francesco, con una geniale intuizione, ha detto che viviamo in “bolle di sapone”, belle ma inutili.
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