La vita familiare è “un capolavoro di semplicità, bello proprio perché non artificiale, non finto, ma capace di incorporare in sé tutti gli aspetti della vita vera”, che “non si fa in laboratorio, si fa nella realtà”. Ci sono i “miracoli di tutti i giorni” delle famiglie, ma anche le loro “ferite”, al centro di quasi un anno di catechesi di Papa Francesco sulla famiglia: 28 in tutto, dal 10 dicembre 2014 al 16 settembre 2015, perché la fase che intercorre dalla celebrazione straordinaria e quella ordinaria del Sinodo è “un cammino comune” di “tutto il popolo di Dio”. Per definire la portata della “missione” della famiglia, il Papa usa una metafora calcistica: le famiglie “portano in campo i fondamentali della creazione di Dio: l’identità e il legame dell’uomo e della donna, la generazione dei figli, il lavoro che rende domestica la terra e abitabile il mondo”. Prima di quelli che Francesco, durante la scorsa udienza generale, ha definito due “belli e significativi” appuntamenti ormai imminenti – l’incontro mondiale delle famiglie a Philadelphia e la fase conclusiva del Sinodo a Roma – e in attesa della Veglia del 3 ottobre promossa dalla Chiesa italiana in piazza San Pietro, scopriamo insieme come il Papa vuole che giochiamo questa partita.
“Non era una famiglia finta”. “Gesù nacque in una famiglia”, come nella “scena tanto bella” che vediamo rappresentata ogni anno nel presepe a Natale. “Non a Roma, non in una grande città, ma in una periferia quasi invisibile, anzi, piuttosto malfamata”. “Non era una famiglia finta, non era una famiglia irreale”.
Il “martirio” delle madri. “La Chiesa è madre”, ma le madri “dovrebbero trovare più ascolto” nella società e nella Chiesa. Francesco propone una pedagogia concreta: “Bisognerebbe comprendere di più la loro lotta quotidiana per essere efficienti al lavoro e attente e affettuose in famiglia; bisognerebbe capire meglio a che cosa aspirano per esprimere i frutti migliori e autentici della loro emancipazione”. Il Papa prende a prestito un’omelia di mons. Romero per parlare del “martirio” delle madri, che è “dare la vita nel silenzio della vita quotidiana”. “Una società senza madri sarebbe una società disumana”.
Reciprocità. “La donna non è la replica dell’uomo”. “Reciprocità” è la parola-chiave scelta dal Papa per disegnare il rapporto tra uomo e donna: “la rimozione della differenza è il problema, non la soluzione”. Più volte, nelle udienze, il Papa denuncia le molteplici “forme di maschilismo” che tendono a far considerare la donna “di seconda classe” e stigmatizza i “molti luoghi comuni, a volte persino offensivi, sulla donna tentatrice”.
L’assenza dei padri. “Il problema dei nostri giorni non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto piuttosto la loro assenza, la loro latitanza”. I ragazzi vivono oggi un “senso di orfanezza” e l’assenza dei padri “produce lacune e ferite che possono essere anche molto gravi”, fino a trasformarsi in “devianze”. Anche la società lascia i giovani “orfani”.
I fratelli e i nonni. La fraternità come sogno, da riportare “al centro della società tecnocratica”. I nonni, gli anziani come simbolo della “cultura dello scarto”, e che invece dovrebbero essere “la riserva sapienziale del nostro popolo”. I bambini come cartina di tornasole del grado di civiltà di un Paese, che ci insegnano che “siamo sempre figli” e ci invitano a non essere “diplomatici”, perché “non sono persone doppie”. I bambini, che “non sono mai un errore”.
Il matrimonio. “Il legame matrimoniale e familiare è una cosa seria, lo è per tutti, non solo per i credenti”. “Il capolavoro della società è la famiglia”, verità da riscoprire nella “cultura del provvisorio”. “Permesso, grazie, scusa”, le tre parole “per vivere bene” in famiglia. Il fidanzamento è il tempo dove l’uomo “impara la donna” e la donna “impara l’uomo”. Come il matrimonio, non si improvvisa, perché “non c’è il matrimonio express”: il matrimonio è “un’alleanza artigianale” che si deve imparare di nuovo, in una società dove “le nostre coordinate sentimentali sono andate un po’ in confusione” e dove l’amore è “una specie di integratore del benessere”.
L’educazione. “Figli, obbedite ai genitori. E voi genitori, non esasperate i figli”. È la regola d’oro per l’educazione. “È ancora più difficile per i genitori separati”, ma “mai prendere il figlio come ostaggio!”. No ad un’educazione delegata “agli esperti”, ma anche al “dialoghismo” superficiale che rende incapaci di chiedersi dov’è realmente l’”anima” dei nostri figli.
Le ferite. “Quanto l’uomo e la donna sono diventati una sola carne, tutte le ferite e tutti gli abbandoni del papà e della mamma incidono nella carne viva dei figli”. Francesco confessa che a lui non piace l’espressione “famiglie irregolari”: dobbiamo chiederci piuttosto “come aiutarle, come accompagnarle perché i bambini non diventino ostaggio del papà o della mamma” e “come prenderci cura di coloro che, in seguito all’irreversibile fallimento del loro legame matrimoniale, hanno intrapreso una nuova unione”. I divorziati risposati “non sono affatto scomunicati”: “Niente porte chiuse”, “la Chiesa è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”.
Il sogno. “Il mondo creato è affidato all’uomo e alla donna: quello che accade tra loro dà l’impronta a tutto”. Il sogno del Papa è di rendere “domestico” il mondo, perché la famiglia è “la base per difendersi” da “tante colonizzazioni, come quella del denaro o delle ideologie”. “Dove c’è una famiglia con amore, quella famiglia è capace di riscaldare il cuore di tutta una città”, è la famiglia l’antidoto alla “desertificazione comunitaria della città moderna”. Per questo bisogna consegnare “il timone della storia – della società, dell’economia, della politica – all’alleanza dell’uomo e della donna”.